“E la memoria è già dolore”.
Cantava così, care amiche e amici del #Tanomattinale, il grande Fabrizio De Andrè, nel suo celeberrimo pezzo “Il pescatore”.
Lo spaventoso femminicidio di Acitrezza è già memoria, dolore e due foto che resteranno per sempre nella cronaca a ricordarlo: quella della povera Vanessa Zappalà, 26 anni e quella di Tony Sciuto, 38 anni, il suo feroce assassino che si è impiccato. E poi parole, tante parole, un diluvio di parole, dette e scritte. Violente, nel calderone dei social, quasi quanto il dramma che sì è consumato sul bellissimo lungomare dei Faraglioni. Sentenze implacabili di chi sa tutto di tutti. E le lacrime, tante, di due famiglie distrutte da una tragedia immensa.Qui, di fronte a questo ennesimo orrore, ne voglio aggiungere pochissime, anche perché ogni cosa che dici e scrivi, nell’ondata di sdegno alimentata dagli odiatori di professione, rischia di essere male interpretata e anche sbagliata. “Giustizia è fatta”, ha commentato qualcuno ieri dopo il suicidio di Sciuto.
Nella sostanza è così, ma è un modo di arrivare alla giustizia per vie molto brevi che non mi piace e, ribadisco, non gioisco per la morte di nessuno, neanche per quella di un mostro che sceglie, riprendo le parole del procuratore di Lodi sul suicidio dell’assassino di Carpiano, di “essere ricordato come un colossale vigliacco” per non avere voluto affrontare la giustizia degli uomini. Invece ha preferito spezzare due vite e questo è un aspetto terribile e inquietante di questa e altre vicende simili: il suicidio per chiudere i conti subito con se stessi e il resto del mondo. Vie brevi e facili, in fondo comode per tutti per archiviare rapidamente l’orrore.Io credo che non si debba aspettare un’altra Vanessa.
Credo, come ho scritto in un post ieri e ribadisco qui, che lo Stato e le istituzioni che escono perdenti anche da questa storia, debbano una volta per tutte mettere in campo ogni risorsa per fermare questa inarrestabile, spaventosa mattanza di donne di tutte le età, ferocemente e scientificamente ammazzate da psicopatici quaquaraqua’ – non uomini, non lo sono e manco “masculi”, anche se lo credono – convinti di essere padroni delle loro vite e di poterne fare e disfare a loro piacimento, fino all’estremo sacrificio in nome di uno pseudo amore. 41, quarantuno vittime della mattanza solo nel 2021 fino a oggi, 105 negli ultimi dodici mesi. Un bilancio mostruoso. Femminicidi terribili e di immensa crudeltà, quasi tutti annunciati dai precedenti degli assassini, da denunce, allontanamenti, anche carcere come nel caso di Vanessa.
Ci strappiamo i capelli per i Talebani che odiano le donne, non mi pare che nel nostro Paese “civile” e rispettoso dei diritti delle donne la sostanza sia diversa. Diceva Mao Zedong, il grande timoniere della Cina: “Colpirne uno per educarne cento”. E prima di lui gli antichi romani: “unum castigabis, centum emendabis”, ne castigherai uno, ne correggerai cento. E allora, forse, forse dico, il primo, i primi ergastoli per i maledetti assassini colpevoli di femminicidio, il carcere a vita senza cercare attenuanti e giustificazioni, con la chiave della cella buttata, la certezza di finire la propria vita tra le sbarre dopo averla spezzata in modo così feroce e insensato, forse dico potrebbe servire da deterrente. Forse è il caso che lo Stato, la giustizia di questo nostro Paese civile ci pensi davvero e subito. Senza aspettare le prossime tragedie, che evidentemente ogni altro provvedimento preventivo e restrittivo (diffide, allontanamenti, arresti, braccialetti elettronici) non riesce ad arginare.
Chiudo qui le mie minchiate sulla tragedia di Acitrezza e attendo, scusate il cinismo, il prossimo femminicidio per dire anch’io come tanti altri le prossime minchiate. Servono fatti, iniziative fortissime, non più chiacchiere e commenti. Con l’attenzione e l’accortezza di guardare dentro ogni storia considerandola diversa delle altre. Mi fermo qui, con un tristissimo pensiero a Vanessa, Giordana e tutte le altre, alle loro famiglie, ai figli dei femminicidi traumatizzati per sempre.
E per chiudere il mattinale inserisco una foto dei bambini-soldato con fucili e bandiera dell’Alleanza del Nord che si apprestano a partecipare alla resistenza contro i Talebani. Immagini che non vorremmo vedere e che, insieme a quelle dei piccoli buttati dai genitori nelle braccia dei marines oltre il filo spinato dell’aeroporto di Kabul per tentare di salvarli, ci illuminano sulla immensità della tragedia in corso in Afghanistan.
Buona giornata e scusatemi per le sciocchezze di oggi, di ieri, dell’altro ieri.
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