Amiche e amici del #Tanomattinale buongiorno.
Anche oggi apro con un terribile ricordo e un doveroso omaggio. Alle 8 del mattino del 21 luglio1979, quarantadue anni fa, nel famoso bar Lux di Palermo Leoluca Bagarella, feroce boss di Cosa Nostra, sparò sette colpi alle spalle di Giorgio Boris Giuliano, stroncando la vita del Capo della Squadra Mobile, grande investigatore e servitore dello Stato. Avevo da poco cominciato la mia carriera nel glorioso quotidiano palermitano L’Ora, Boris era un mito per tutti noi, fu un evento devastante. Per incredibile coincidenza temporale o forse no, un video esclusivo pubblicato ieri sul sito dell’Espresso, con un commento di Lirio Abbate, mostra l’aggressione di un detenuto a una guardia penitenziaria nel carcere sassarese di Bancali. Il detenuto è proprio il 79enne Leoluca Bagarella, in galera dal 1995. Nel video si vede Bagarella che colpisce improvvisamente con un pugno in faccia, senza apparenti ragioni, l’agente quando viene accompagnato al cortile per l’ora d’aria. Una aggressione a sangue freddo che sorprende la guardia penitenziaria. Subito dopo interviene un altro agente in difesa del primo che, a sua volta si tiene la mascella dolorante per il colpo ricevuto. Immagini che sono finite con un’informativa alla procura di Sassari.
Ma intanto la lotta alla mafia continua. I Carabinieri del Comando provinciale di Palermo hanno eseguito stamattina – ci racconta l’ANSA con un flash delle 6,58 – un’ordinanza cautelare in carcere (una ai domiciliari) emessa dal gip Lorenzo Jannelli nei confronti di otto indagati ritenuti componenti del mandamento mafioso di Tommaso Natale, accusati a vario titolo di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni aggravate e danneggiamento seguito da incendio. L’operazione antimafia si chiama ‘Bivio 2’, è la seconda in due giorni a Palermo ed è stata coordinata da un pool di magistrati della Dda guidati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca. L’indagine ruota attorno alla figura del boss Giulio Caporrimo, già arrestato in passato.L’orrore di Cosa Nostra, delle sue azioni, del suo linguaggio viene ancora una volta messo in risalto da un retroscena del blitz di ieri mattina contro la cosca di Brancaccio-Ciaculli, guidata dagli eredi del “papa” Michele Greco e del “senatore” Salvatore (fonte ANSA).
“Noi non ci immischiamo con Falcone e Borsellino. Non ti permettere. Io mai gliel’ho mandato mio figlio a queste cose… vergogna”, gridò Maurizio Di Fede , uno dei mafiosi fermati nell’operazione Tentacoli della Squadra Mobile di Palermo, ad una amica che aveva mandato la figlia a una manifestazione in ricordo della strage di Capaci. “La bambina da un mese si prepara. Ma in fondo, è solo una cosa scolastica”, replicó la donna. Di Fede non voleva sentire ragioni: “Noi qua non ci immischiamo con i carabinieri. Noi non ci immischiamo con Falcone e Borsellino… queste vergogne sono”.
La mamma della piccola insisteva, la bambina teneva particolarmente ad andare con i compagnetti al giardino della Magione, alla Kalsa, per l’iniziativa organizzata dalla Fondazione Falcone. Di Fede sbottò: “Alla Magione, là sono nati a cresciuti, i cornuti là sono nati”, disse alludendo a Falcone e Borsellino. E Di Fede controllò davvero che la bimba realmente non andasse alla manifestazione. Tornò più volte a casa dei suoi amici, per accertarsene perché era diventata ormai una questione d’onore. Un giorno si portò dietro il giornale, che annunciava la manifestazione: “Anniversario della strage di Capaci, oltre settantamila studenti pronti a invadere Palermo”, lesse a voce alta. “Là dove deve andare la bambina, la sbirra”, disse. La madre prese le difese della piccola. “Se gli mandi la bambina sei una sbirra”, continuò. “Falcone, minchia che cosa inutile”, concluse. Nessun commento.
E a proposito di parole che ancora oggi fanno venire i brividi, nella bellissima puntata di ieri sera su Rai Tre di “Frontiere”, il programma di Franco Di Mare che ha ricostruito con agghiacciante documentazione i fatti del G20 di Genova di 20 anni fa che costarono la vita a Carlo Giuliani, è stato un pugno nello stomaco risentire l’atroce commento della poliziotta che, parlando di quanto era appena accaduto, dice al collega: “Uno a zero per noi”. Come se fosse una partita di calcio, il morto era il gol. Una storia senza vera giustizia, che è una vergognosa macchia per il nostro Paese.
Finisco con l’Etna, una notizia diffusa ieri dalla Regione sul problema cenere, che ieri come documento nella mia foto si è depositata sul mare della scogliera di Catania, in una affascinantissima simbiosi naturale. Un Piano strutturale per affrontare a tutto campo una vera e propria calamità naturale. la più recente attività del vulcano che da febbraio, e fino a ieri mattina ha dato vita a ben 47 episodi di parossismo, con copiosa caduta di cenere vulcanica non solo sui versanti Nord e Sud-Est, ma fino ai territori delle province limitrofe. Il Piano potrebbe prevedere anche l’istituzione di un Fondo regionale per consentire l’accesso a risorse economiche con criteri di somma urgenza, ferma restando la rendicontazione successiva. Ma anche un Programma di previsione, prevenzione e gestione dell’emergenza per lo Stromboli, vulcano altrettanto “irrequieto”.
È quanto emerso dalla riunione del vertice nazionale di Protezione civile che si è tenuta al PalaRegione di Catania. All’incontro, hanno partecipato, con il presidente Musumeci, il capo del Dipartimento nazionale Fabrizio Curcio, quello regionale Salvo Cocina e i rispettivi staff di vertice.«E’ evidente che il fenomeno delle ceneri vulcaniche su quest’area ha un aspetto contingente d’urgenza – ha affermato Fabrizio Curcio – e come Protezione civile nazionale siamo tenuti a dare risposte oggi.
La collaborazione con la Regione Siciliana, con lo stanziamento dei fondi che consentiranno ai Comuni di affrontare le spese finora sostenute, lo dimostra». Speriamo bene, il flagello della cenere vulcanico, con i rischi anche per la salute, non può essere affrontato soltanto dai cittadini delle pendici.
E’ tutto, del Coviddi parlano gli altri.
Buona giornata
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