Amiche e amici del #Tanomattinale buon giorno.
Il 3 febbraio 2022 scadrà il mandato del nostro grandissimo presidente Sergio Mattarella. Il suo messaggio di ieri in occasione del 29esimo anniversario della strage di Via D’Amelio assume dunque il significato di un passaggio di testimone a chi gli succederà su quella che resta, a mio avviso, la madre di tutte le battaglie nel nostro Paese: la lotta alla mafia, alle mafie (Cosa Nostra, Ndragngheta, Camorra, Sacra Corona Unita, ecc.), gli ancora potentissimi stati paralleli e le loro radicate collusioni.E allora ecco il messaggio integrale del Presidente della Repubblica, mi piace molto che resti qui sulla mia umile rubrica.
«L’attentato di via D’Amelio, ventinove anni or sono, venne concepito e messo in atto con brutale disumanità. Paolo Borsellino pagò con la vita la propria rettitudine e la coerenza di uomo delle Istituzioni. Con lui morirono gli agenti della scorta, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina.La memoria di quella strage, che ha segnato così profondamente la storia repubblicana, suscita tuttora una immutata commozione, e insieme rinnova la consapevolezza della necessità dell’impegno comune per sradicare le mafie, per contrastare l’illegalità, per spezzare connivenze e complicità che favoriscono la presenza criminale.
Paolo Borsellino, e come lui Giovanni Falcone, sapevano bene che la lotta alla mafia richiede una forte collaborazione tra Istituzioni e società. Per questo si sono spesi con ogni energia. Da magistrati hanno espresso altissime qualità professionali. Hanno intrapreso strade nuove, più efficaci, nelle indagini e nei processi. Hanno testimoniato, da uomini dello Stato, come le mafie possono essere sconfitte, hanno dimostrato che la loro organizzazione, i loro piani possono essere svelati e che i loro capi e i loro sicari possono essere assicurati alla giustizia.Per questo sono stati uccisi. Non si sono mai rassegnati e si sono battuti per la dignità della nostra vita civile. Sono stati e saranno sempre un esempio per i cittadini e per i giovani. Tanti importanti risultati nella lotta alle mafie si sono ottenuti negli anni grazie al lavoro di Borsellino e Falcone.
La Repubblica è vicina ai familiari di Borsellino e ai familiari dei servitori dello Stato, la cui vita è stata crudelmente spezzata per colpire le libertà di tutti. Onorare quei sacrifici, promuovendo la legalità e la civiltà, è un dovere morale che avvertiamo nelle nostre coscienze».
Il presidente Mattarella ieri si é recato al Teatro Greco di Siracusa per assistere alla rappresentazione teatrale “Coefore Eumenidi” di Eschilo, con la regia del Maestro Davide Livermore. Prima della rappresentazione, un minuto di silenzio in memoria delle vittime della strage di Via D’Amelio. Per completare questo mattinale monografico, mi sembra molto interessante riportare alcuni passaggi dell’intervista che il pentito Gaspare Mutolo, ex trafficante di droga e braccio destro di Totò Riina, ha rilasciato all’Adnkronos. “Vidi per l’ultima volta Paolo Borsellino nella notte del 17 luglio, due giorni prima di essere ucciso nella strage di via D’Amelio. Era molto preoccupato. Me lo ricordo perfettamente. Ed era anche in pensiero per la figlia Fiammetta, in vacanza in Indonesia, che non sentiva da diverse ore. Quello fu l’ultimo interrogatorio”. “Quella sera del 17 luglio – ricorda Mutolo – quello che ho potuto concepire, parlando con il giudice, era la sua grande preoccupazione. Mai come quella sera”.
E racconta anche un altro aneddoto: “Era anche preoccupato per la figlia Fiammetta, che era lontana, in viaggio con amici di famiglia. E io lo rassicurai, dicendogli che anche io avevo una figlia che andava spesso a ballare e che non si faceva sentire. Mi colpì molto quell’amore infinito per i figli. Un amore viscerale. Era davvero preoccupato. Quando ne parlava aveva il sorriso molto dolce. Ma preoccupato”. E ribadisce: “Certamente era preoccupato anche per se stesso”. E ricorda anche che “dopo la strage di Capaci, aveva insistito perché voleva essere ascoltato dalla Procura di Caltanissetta. Quello era il periodo di Tinebra a Caltanissetta, di Giammanco a Palermo. E poi c’era Contrada. Erano personaggi che a Borsellino non calavano, come Arnaldo La Barbera. Io volevo parlare solo con lui e Borsellino lo sapeva”.
In un altro passaggio molto importante, Gaspare Mutolo ribadisce che “dentro lo Stato c’erano tre correnti: alcune persone che se la facevano addosso per paura, altri che cercavano di rimediare, e altri che volevano combattere. Io, ringraziando Dio, sono tra quelle persone che avevano intenzione di combattere”. Il collaboratore di giustizia si dice convinto che “ancora oggi continuano i depistaggi sulla strage di via D’Amelio”. “Al centro per cento”, spiega. “Così come la trattativa tra Stato e mafia, prosegue ancora, altro che”. Ma chi depista? “Questa è una domanda maliziosa – dice Mutolo – quelle persone che dopo le stragi avevano interesse a farle, perché la trattativa continua ancora oggi”.
Intanto la lotta a Cosa Nostra non si ferma e arriva notizia che stamattina sono finiti in carcere, tutti indagati, a vario titolo, per associazione mafiosa, armi, ed estorsione aggravata (al centro dell’attenzione degli investigatori il pizzo, più di 50 episodi di estorsione ai danni di quasi altrettanti commercianti di Palermo) sedici fra boss e gregari delle famiglie mafiose palermitane di Brancaccio e Ciaculli in una operazione di polizia e carabinieri, coordinati dalla Dda di Palermo, alla fine di due anni di indagini. Oggi solo mafia, il resto, le beghe continue su tutto dentro il governo di disunità nazionale, le leggete ovunque.
Buona giornata
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