Tabacco riscaldato, la disinformazione può essere un rischio
ROMA (ITALPRESS) – In attesa delle nuove norme di politica fiscale previste dal Governo entro la fine dell’anno, si è tenuta oggi nella Sala Caduti Nassirya in Senato la conferenza stampa “Il tabacco riscaldato nella revisione fiscale” promossa dalla Senatrice Paola Binetti (UDC). L’incontro ha messo a confronto esperti in ambito economico-sanitario, con il fine di evidenziare come la tassazione agevolata dei prodotti a tabacco riscaldato sia ingiustificata.
“La nostra è una vera e propria battaglia sociale in cui cerchiamo di coinvolgere il mondo della comunicazione, a cominciare dalla stampa, per combattere in primis la fake news: ‘il tabacco riscaldato non fa male’ – afferma la senatrice Binetti – Il pericolo, come ribadiscono gli esperti, è iniziare giovani, inconsapevoli di danni e rischi, alle dipendenze, facendo credere ai fumatori cronici che il tabacco riscaldato sia la giusta via per uscire dal vizio del tabagismo. Le istituzioni sembrano non aver preso coscienza dei rischi di questi nuovi prodotti, il che spiegherebbe la tassazione estremamente agevolata di cui godono”.
Lo conferma Daniela Galeone, Direttore dell’ufficio Promozione della salute e prevenzione e controllo delle malattie cronico-degenerative del Ministero della Salute: “Questi prodotti non sono tenuti ad applicare sulle confezioni le avvertenze che dovrebbero dissuadere dal fumo insieme al numero verde dell’Istituto Superiore di Sanità. Le rigide norme sulla pubblicità dei prodotti del tabacco, previste dalla legge Sirchia oltre 20 anni fa, non si applicano ai dispositivi specifici per l’uso del tabacco riscaldato. Per cui è possibile la loro promozione e la relativa vendita in luoghi facilmente frequentati anche da giovani non fumatori, che possono erroneamente considerarli a rischio ridotto per la salute”.
“C’è un gap sul piano della comunicazione. Mentre i documenti scientifici provano che il prodotto sia nocivo per la salute, il tasso di notorietà è cresciuto del 67,3% grazie anche alla loro sovraesposizione pubblicitaria. Un nostro sondaggio rivela che la percezione della maggior parte dei consumatori di tabacco riscaldato è così falsata da indurli a pensare di poter fumare addirittura in luoghi chiusi. – dichiara Roberta Pacifici, Direttore del Centro Nazionale Dipendenza e Doping Istituto Superiore di Sanità – Nell’ultima indagine svolta durante il lockdown abbiamo stimato che i consumatori di prodotti a tabacco riscaldato in Italia sono aumentati e sono circa 2 milioni, soprattutto consumatori duali e giovani attratti da questi prodotti pubblicizzati come meno nocivi per la salute”.
“Non ci sono evidenze a sostegno di una reale efficacia dei prodotti a tabacco riscaldato che inducano a smettere di fumare, perché molti fumatori sono “fumatori duali” (cioè fumatori di tabacco tradizionale e di tabacco riscaldato). Sono più i non fumatori (soprattutto giovani) e gli ex-fumatori che iniziano o ri-iniziano a fumare con questi prodotti rispetto ai fumatori che smettono di fumare utilizzandoli.” Ha sottolineato la Vice Presidente della Società Italiana di Tabaccologia (SITAB) Maria Sofia Cattaruzza.
“Nonostante non esista alcuna agenzia di tutela della salute pubblica che riconosca il minor danno provocato dal tabacco riscaldato, il legislatore ha deciso di sottoporlo ad una fiscalità estremamente agevolata rispetto alle tradizionali sigarette da combustione, favorendone così la crescita esponenziale e garantendo allo stesso tempo margini elevatissimi ai produttori”, ha detto Marco Spallone, professore di Economia dell’Università di Chieti e Pescara, vice direttore CASMEEF LUISS Guido Carli.
“Le conclusioni oggi vanno in tre diverse direzioni – afferma la senatrice Paola Binetti – Prima di tutto occorre onestà intellettuale per riconoscere che il fumo, la nicotina, nuoce gravemente alla salute, anche quando è usata sotto forma di tabacco riscaldato. In secondo luogo è fondamentale non concedere privilegi fiscali a nessuno, tanto meno alle grandi aziende produttrici di tabacco, ricordando che le aziende sono sempre le stesse, qualunque sia il tipo di tabacco venduto”.