Per mettere fine alle maligne ipotesi che hanno trascinato la diocesi di Trapani nello scandalo per il presunto ammanco di un milione di euro, il vescovo Francesco Micciché ha convocato una conferenza stampa, insieme con l’avvocato Mario Bernardo del Foro di Roma. “Il vescovo Micciché – dice Bernardo – non solo non è indagato ma è parte lesa” in un procedimento per furto, ricettazione, frode informatica, calunnia e diffamazione, che vede sotto inchiesta 13 persone, compresi i due giornalisti che avrebbero rilanciato le accuse ai suoi danni: Gianfranco Criscenti, direttore responsabile del periodico l’Isola e corrispondente Ansa, e il collaboratore del quotidiano Il Fatto Giuseppe Pipitone. E’ stato proprio il quindicinale d’informazione locale a scoprire e pubblicare nell’ottobre dello scorso anno, le notizie inerenti il presunto buco della curia trapanese. Secondo il legale di Miccichè, il milione di euro non sarebbe mai sparito “e la procedura seguita per l’accorpamento delle due fondazioni di supporto all’attività ecclesiale risulterebbe regolare: non ci sarebbe stata nessuna sparizione di fondi. Sono queste, secondo il vescovo Micciché e l’avvocato Bernardo, le prime certezze alle quali sarebbe arrivata la Procura di Trapani. La ricostruzione del perché è maturato il presunto scandalo, risiede invece nelle attività di un altro sacerdote, l’ex direttore amministrativo della Diocesi Ninni Treppiedi, allontanato da Trapani, mandato ad Alcamo e poi sospeso a divinis. Il sacerdote, stando all’ipotesi della Procura, sarebbe il vero responsabile di una gestione disinvolta dei fondi della Curia. E sarebbe proprio il prete a capo “della regia occulta” nell’operazione di discredito ai danni del vescovo. Tra gli strumenti utilizzati, la diffusione di una lettera di raccomandazione a Luigi Bisignani, il capo della cosiddetta P4, attribuita a Micciché e rivelatasi un falso marchiano. Così adesso, la Procura di Trapani si trova a chiudere il capitolo del presunto ammanco, a ricostruire l’eventuale responsabilità dei cronisti e a scavare sulle attività di padre Treppiedi. Sul conto del sacerdote sono emersi già una serie di elementi legati alla compravendita di una ventina di immobili per conto della diocesi. Sugli atti compare la firma di Micciché che però non l’avrebbe riconosciuta. Nel registro degli indagati sarebbero finiti anche suoi familiari: il padre, ex funzionario di Banca, la madre e il fratello Salvatore, ex assessore provinciale ed ex capo di gabinetto alla Provincia regionale. L’amplificazione dei sospetti che si sarebbero rivelati infondati sul conto di Micciché aveva prodotto una vasta eco nazionale arrivata anche in Vaticano. E quando da Roma era stato dato incarico al vescovo di Mazara, Domenico Mogavero, di accertare come fossero andate le cose, i detrattori di Micciché vi avrebbero letto una indiretta conferma alla bontà delle accuse. Con un comunicato ufficiale il vescovo Micciché ha espresso “gratitudine alla magistratura e alle forze dell’ordine” sottolineando che comunque “una ferita alla Chiesa trapanese è stata inferta” tanto da rendere “doveroso diffondere queste notizie per il bene dei fedeli”. Intanto, il direttore responsabile de l’Isola Gianfranco Criscenti dice che allo stato attuale non ha ricevuto alcun avviso di garanzia, né gli risulta di essere iscritto nel registro degli indagati e di stare, invece querelando i giornali e i siti web che hanno discreditato il loro operato senza utilizzare neppure il condizionale. La cosa che tengo a precisare ‘ aggiunge Criscenti ‘ e che la dice lunga anche sui tempi su cui sta arrivando la reazione della Diocesi ‘ è che subito dopo la pubblicazione dell’articolo sul presunto ammanco alla Curia di Trapani, il Vescovo Miccichè ha chiesto di incontrarmi e, in 2 ore di colloquio, non mi ha chiesto nè una rettifica, né una smentita, nè una replica su quanto pubblicato, ma si è limitato a chiedere con insistenza chi ci avesse fornito i documenti pubblicati come pezze di appoggio su quanto denunciato. Non spetta a me far luce sugli intrecci rilevati, ho fiducia nella Magistratura e sono certo ‘ conclude Gianfranco Criscenti ‘ che la giustizia ci darà ragione.
(Teleoccidente)
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