Dopo 33 anni dalla strage del Rapido904 è stato disposto dalla Corte d’Appello di Firenze, presieduta da Salvatore Giardina, il rinvio giudiziario a tempo da definire del processo in corso d’appello avviato dalla pm Angela Pietroiusti che vede come unico imputato Totò Riina quale “mandante” della strage.
Intanto, il ministro chiede una relazione sul rinvio del procedimento.
A essere impugnata è stata l’assoluzione per mancanza di prove del boss di Cosa Nostra, a seguito dell’ordinanza di custodia cautelare notificata nell’ Aprile del 2011 al “Capo dei Capi” dai Carabinieri su richiesta della DIA di Napoli. A quanto si è appreso dagli esiti dell’inchiesta dello scorso decennio, a parlare sono stati i pentiti e sarebbe emerso che per la strage del R904 era stato utilizzato lo stesso tipo di esplosivo usato per la strage di Paolo Borsellino e i 5 agenti della scorta.
Il primo passo del lungo iter giudiziario sulla strage del 904 è la sentenza-ordinanza di rinvio a giudizio emessa dal G.I. di Firenze Gironi il 3/11/1987. Qui il giudice, accettando le ipotesi investigative del Pm, ritenne possibile “che l’attentato è stato suggerito allo scopo di distogliere l’attenzione degli apparati istituzionali dalla lotta contro le centrali emergenti della criminalità organizzata“.
Nel febbraio 1989 fu emessa la sentenza di primo grado: condannati all’ergastolo per i reati di strage, attentato per finalità terroristica ed eversiva, banda armata, fabbricazione e detenzione di esplosivi, Calò e Cercola.
Nel marzo 1990 la Corte d’Appello di Firenze conferma le condanne.
Viene ripetuto nel 1992 il processo ordinato dalla Corte di Cassazione e vengono condannati definitivamente all’ergastolo Giuseppe Calò e Guido Cercola, a cui si aggiunge la condanna di Schaudinn a 22 anni, e riduce a 24 anni la pena per Di Agostino. Invece Per Misso, Galeota e Pirozzi – già assolti in via definitiva per i reati più gravi – sono confermate le condanne per la detenzione di esplosivi.
Si è riaperta la questione nel 2011 con l’ordinanza di custodia cautelare da parte della Dia di Napoli nei confronti di Totò Riina che ha portato a sua volta tre anni dopo all’assoluzione per mancanza di prove.
Nel frattempo Riina era in carcere dopo essere stato catturato dai carabinieri a Palermo nel 1993 a seguito di una latitanza durata circa trent’anni.
La verità pare dunque essere ancora lontana. Per adesso il rinvio.
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