“Oggi, dopo 25 anni, siamo orfani non solo di Paolo Borsellino ma anche della verità” ecco perché “resistere senza cambiare idea è importante, ma non basta, perché dobbiamo soprattutto cambiare il corso delle cose” e per farlo “dobbiamo avere il coraggio di guardare in faccia la realtà”.
Con queste parole Antonio Ingroia ha ricordato a Palermo la strage di via d’Amelio , all’incontro “In che Stato è la mafia?” organizzato ieri sera alla facoltà di giurisprudenza.
“Abbiamo il diritto di sapere la verità e nei suoi confronti noi cittadini abbiamo dei doveri – ha detto ancora Ingroia – ciascuno con il proprio ruolo che vada ben oltre la tifoseria”.
“Guardare in faccia la realtà”, ha detto l’ex pm palermitano, significa “dire che i magistrati come Giuseppe Lombardo e Nino Di Matteo fanno poca carriera mentre altri magistrati opportunisti la fanno!”
Significa ricordarci che “le cose oggi non vanno bene perché l’agenda rossa è stata rubata da un traditore di Paolo Borsellino e questo traditore non è stato ancora scoperto”. A questo e molto altro “noi non possiamo rassegnarci, dobbiamo ribellarci”.
Ingroia ha definito la fase attuale “quella del revisionismo in quanto al sistema criminale non basta che siano rimasti dei buchi neri” su stragi e delitti eccellenti, ma ora “i mafiosi cominciano a sperare che ci sia una revisione pronta per loro”.
In riferimento alla decisione della Cassazione di dichiarare la condanna a Bruno Contrada per concorso esterno i associazione mafiosa, ineseguibile e improduttiva di effetti penali, Ingroia ha detto: “Se siamo arrivati a dire che il concorso esterno in associazione mafiosa è diventato un reato esistente chissà se si arriverà dire che anche l’associazione mafiosa è un reato inesistente e tornare all’epoca in cui non esisteva la mafia”.
Una decisione che si basa sulla sentenza della Corte di Strasburgo, definita da Ingroia “una sentenza che nega la verità” perché “è falso che il concorso esterno in associazione mafiosa è un reato di origine non giurisprudenziale!”
Così come “è una menzogna che è un reato riconosciuto solo dal 1994 perché – ha continuato l’ex magistrato – ci sono due sentenze del 1875 dove si punivano i colletti bianchi concorrenti esterni alle organizzazioni criminali di brigantaggio.
La decisione della Cassazione sul caso Contrada rappresenta, secondo Ingroia “una falla dalla quale può crollare la diga intera” infatti “non è un caso che sia già iniziata la campagna mediatica per la revisione di condanna di Marcello Dell’Utri”.
“Ora la mafia sta rientrando nella fase di riemersione, il rischio è che si torni al vecchio stile: ‘essere forti con i deboli e deboli con i forti! – ha concluso l’avvocato Ingroia – Qui tocca a noi, uomini e cittadini che non si arrendono, dobbiamo non lasciare soli i magistrati e cambiare l’Italia perché Falcone e Borsellino sono morti per questo”.