“Non inventeranno mai una bomba che uccida l’amore”. E’ così, agenda rossa in mano, che Salvatore Borsellino ha parlato ieri sera a Palermo all’incontro organizzato da ANTIMAFIADuemila, in collaborazione con Contrariamente e Agende rosse, a 25 anni dalla strage di via d’Amelio.
“Venticinque anni sono passati da dalla strage di via d’Amelio, nata da complicità mafia-pezzo deviato Stato. Mio fratello è morto a 52 anni, così come il fratello di mio padre e mio padre”.
Il fratello del giudice, nel suo intervento, ha letto la postfazione che ha scritto per il libro di Aaron Pettinari, “Quel terribile ’92” (curato da Pietro Orsatti ed edito da Imprimatur).
“Venticinque anni e non puoi più dimenticare – scrive in un passaggio – Perché tuo fratello è andato in guerra ma ad ucciderlo non è stato il fuoco del nemico che era andato a combattere, ma il fuoco di chi stava alle sue spalle, di chi avrebbe dovuto proteggerlo, di chi avrebbe dovuto combattere insieme a lui. Venticinque anni e non c’è tempo per piangere”.
“Non è tempo di lacrime perché è solo tempo di combattere per la Verità e per la Giustizia, per quella Giustizia che viene invece irrisa, vilipesa, calpestata da un depistaggio durato per l’arco di ben tre processi”.
“Un depistaggio ordito da pezzi deviati dello Stato ma avallato da magistrati che avrebbero dovuto rigettarlo, tanto era inverosimile che potesse essere stato affidato ad un balordo di quartiere il compito di uccidere Paolo Borsellino”.
“E poi un quarto processo nel quale si pretendeva di processarne la vittima accusandolo delle calunnie a cui era stato costretto con torture di ogni tipo da pezzi di uno stato deviato che, per occultare la Verità, nasconde nelle sue casseforti un’Agenda Rossa, sottratta dalla macchina di Paolo ancora in fiamme”.
Ed infine ha concluso: “Venticinque anni e non so quanti anni ancora mi restano per obbedire al giuramento fatto a mia madre, ma una sola certezza: che il sogno di Paolo non morirà mai, perché era soltanto un sogno d’amore”.