MILANO (ITALPRESS) – Un calo del 98% del fatturato dal mese di marzo ad oggi e solo briciole dal governo, il quale ha inserito tra gli aventi diritto ai cosiddetti ristori appena il 14% delle aziende del settore. Stiamo parlando di chi opera nel campo fieristico come allestitore o fornitore di beni e servizi ad esso collegati.
Italpress ha voluto fare il punto della situazione sull’andamento di uno dei comparti maggiormente messi in crisi dalla pandemia, con Sandro Stipa, dal mese di luglio presidente di Asal Assoallestimenti di FederlegnoArredo, associazione che rappresenta oltre 360 aziende italiane produttrici e fornitrici di allestimenti e servizi. “Ci siamo fermati a fine febbraio e siamo stati fermi fino al 31 agosto con un fatturato pari a zero – racconta Stipa -. Il primo settembre, sia in Italia che in Europa, l’attività fieristica è ripartita, ma purtroppo per soli 56 giorni perché con il primo Dpcm di fine ottobre ci siamo dovuti rifermare. Era comunque ripartita con pochissimi lavori perché la nostra attività necessita una pianificazione che va dagli 8 ai 12 mesi”. “Possiamo dire – aggiunge – che dal primo marzo al 31 dicembre il fatturato ha visto una diminuzione del 98% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e dell’80% su base annuale”. In questi mesi però, Cassa Covid a parte, la categoria non ha visto il supporto necessario da parte del governo, tanto che gran parte delle aziende aderenti ad Asal non ha potuto accedere ai ristori annunciati.
“Siamo coperti dalla cassa integrazione Covid e ringraziamo il governo perché quanto meno il nostro personale fruisce di questo ammortizzatore – spiega il numero uno degli allestitori -. Purtroppo il decreto ristori non ha considerato il nostro comparto, se non nella misura del 14% delle imprese che svolgono l’attività di allestimento in determinati codici Ateco. Le altre nostre imprese sono fuori. Il governo ha aperto un tavolo al Ministero delle Attività Produttive nel mese di ottobre, dove si è iniziato ad instaurare un certo dialogo. Noi abbiamo chiesto l’integrazione di altri codici Ateco, ma non abbiamo avuto alcun riscontro. Purtroppo il nostro settore non ha un codice Ateco specifico, le nostre aziende hanno 50 tipi di codice Ateco diversi e quindi è impensabile rappresentarli tutti al governo, ma con quelli che abbiamo chiesto andremmo a coprire circa il 50% delle imprese”. “Comunque vada al termine della crisi il nostro settore sarà sicuramente in grande difficoltà e profondamente diverso – conclude il presidente di Asal -. Io ricevo quotidianamente telefonate da imprenditori in lacrime che non possono più aspettare, alcune imprese hanno già chiuso e altre hanno in programma di chiudere entro la fine dell’anno”.
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