Prosciolto per non aver commesso il fatto. Si chiude così la disavventura giudiziaria che ha coinvolto Padre Carlo D’Antoni, parroco di Siracusa rimasto coinvolto il 9 febbraio 2010 nell’inchiesta della Procura della Repubblica di Siracusa (poi passata alla Direzione distrettuale antimafia di Catania) su una presunta organizzazione che avrebbe gestito il rilascio di falsi permessi di soggiorno a clandestini sfruttando come base logistica la parrocchia di Bosco Minniti, un rione popolare della città siciliana. Il Gip Michele Consiglio del Tribunale di Siracusa ha emesso la sentenza di non luogo a procedere per il Padre Carlo D’Antoni chiudendo definitivamente la vicenda processuale. “Sono contento che si è messa la parola fine ad una vicenda per me dolorosa – dichiara il parroco dalla conferenza stampa di oggi – sono stati cinque anni molto difficili. Sono stato accusato di reati gravissimi, di essere all’interno di una associazione a delinquere, di sfruttare le miserie altrui, di lucrare sulle disgrazie dei migranti”. “Finalmente questo incubo è finito e non posso non ringraziare tutte le persone che mi hanno sostenuto, che mi sono state vicine con attestati di stima da tutta Italia”. “In questi anni – conclude Carlo D’Antoni – la parrocchia non ha smesso di portare avanti la sua azione in favore dei poveri e degli immigrati e nonostante il colpo accusato sia stato pesante, continueremo nella nostra missione d’accoglienza. Soddisfazione anche da parte del consiglio difensivo del parroco formato dagli avvocati Sofia Amoddio e Marzia Capodieci. “L’intero procedimento penale – spiega l’Avv. Sofia Amoddio – si fonda principalmente su un’interpretazione errata da parte degli organi inquirenti sulla natura delle dichiarazioni di ospitalità firmate da Padre Carlo in favore di numerosi cittadini stranieri richiedenti asilo o protezione internazionale nel nostro Paese”. “A questa – prosegue l’Avv. Capodieci – si aggiungeva anche la contestazione del reato di favoreggiamento della permanenza illecita degli stranieri nel territorio nazionale, imputando al sacerdote di ottenere ingiusto profitto dai permessi di soggiorno che faceva attenere ai migranti”. “Padre D’Antoni – concludono i difensori Amoddio e Capodieci – non ha mai percepito alcun profitto, né in termini di denaro né di altre agevolazioni. Il Sacerdote D’Antoni ha sempre lottato affinché gli immigrati uscissero dalla condizione di illegalità ed acquisissero la dignità che spetta ad ogni essere umano”. “Le accuse in merito ai reati infamanti sono state sempre prive di riscontri obiettivi e la sentenza pone finalmente la parola fine su questo clamoroso errore giudiziario che ha visto protagonista l’incolpevole Padre Carlo, sancendo l’estraneità dei fatti a lui contestati”.
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