Sindrome della Rassegnazione. Il nome è strano tanto da non farla sembrare neanche una vera e propria malattia, e invece lo è.
Una fotografia ci ha fatto imbattere in questa realtà a noi sconosciuta, ma tutto quello che riguarda la migrazione e i migranti ci riguarda eccome, e anche da vicino.
Una delle foto vincitrici nelle sezione Persone del World Press Photo in mostra a Palermo presso Palazzo Bonocore dal 14 Settembre sino a ieri 7 Ottobre, racconta proprio di questa malattia: il fotografo svedese Magnus Wennman è autore di uno scatto che ritrae il sonno profondo di Djeneta e Ibadeta, due sorelle rom emigrate dal Kosovo in Svezia insieme alla famiglia.
Questa la didascalia degli scatti: “Djeneta, la più giovane delle due, era bloccata a letto da due anni e mezzo, da quando aveva 12 anni. Un anno dopo la famiglia si è vista rifiutare la domanda di residenza e nell’arco di 24 ore anche la sorella di Djeneta, Ibadeta, di 15 anni, ha perso la capacità di camminare. Da allora le sorelle riposano su due lettini gemelli, nell’alloggio per migranti messo a disposizione dallo stato svedese, incapaci di alzarsi, nutrirsi, andare in bagno o rispondere ad alcuno stimolo“.
La Sindrome delle Rassegnazione definita anche “Malattia della Bella Addormentata” è una patologia quindi, che colpisce una determinata tipologia di popolazione: prevalentemente bambini e ragazzi tra gli 8 e i 15 anni figli di migranti e con un’altissima concentrazione in Svezia.
Si tratta di uno stato di apatia cronica, di uno stato catatonico, chi ne è affetto cade quasi improvvisamente in uno profondo torpore simile ad un coma. I malati diventano incapaci di rispondere a qualsiasi stimolo vitale, faticano a svegliarsi e sono costretti a nutrirsi con un sondino.
L’osservazione della malattia in Svezia, che ha avuto il suo picco nel 2005 con circa 400 casi, fa pensare che un fattore scatenante dell’insorgere della patologia sia il rifiuto della domanda di residenza nel paese in cui le famiglie vivono e si stabilizzano, in questo caso in Svezia appunto.
Secondo gli psicologi svedesi sono due i traumi scatenanti fondamentali: gli abusi subiti nel Paese di provenienza e la paura, dopo essersi ambientati in Svezia, di essere rimpatriati.
Si è osservato che garantire un permesso di soggiorno alla famiglia dei malati contribuisce al miglioramento della loro condizione nell’arco di circa 6 mesi.
Quest’aspetto potrebbe portare i più scettici a pensare che si tratti di una messa in scena o comunque non di una reale patologia, ma la Comunità Internazionale dopo molti anni di osservazione ha fugato ogni dubbio confermando che chi cade in questo stato di prostrazione diviene in poco tempo “completamente passivo, immobile, senza tono, ritirato, muto, incapace di mangiare e bere, incontinente e non reattivo ad alcuno stimolo fisico o ad alcun dolore“. Solo nel 2017 sono stati registrati 60 nuovi casi di Sindrome della Rassegnazione.
I 42 psichiatri messi in campo dal Ministero della migrazione svedese ha parlato esplicitamente di “un abuso infantile pubblico sistematico”, facendo riferimento al crescente numero di ragazzi che cadono in questo stato vegetativo anche a causa delle nuove restrizioni imposte dal governo sui richiedenti asilo e il tempo impiegato per processare le domande.
I bambini sono fragili e lo sono anche i ragazzi che hanno trascorso i primi anni della loro vita a scappare da guerre, violenze e atrocità di ogni genere, forse questa malattia è l’unico modo che conosce un bambino per difendersi dall’orrore dell’idea di ritornare in un paese dove ha subito tutto questo, a maggior ragione dopo aver conosciuto una terra dove si può vivere in pace senza avere paura di morire ogni giorno.
L’accoglienza è l’unico strumento che abbiamo per contribuire a lenire le sofferenze di intere popolazioni che scappano dall’umiliazione di una vita sempre in fuga, e la Sindrome della Rassegnazione è forse l’unico modo che conoscono i bambini per urlarci la loro disperazione, cadendo in un silenzio senza uscita.
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