Sinalp Sicilia, con i 5 morti di Casteldaccia continua la crescita delle stragi dei lavoratori
Anche oggi la Sicilia piange i suoi figli.
A Castedaccia l’ennesima tragedia sul lavoro vede 5 lavoratori perdere la vita.
Morti, uno dietro l’altro, dopo essersi calati in un tombino dell’impianto fognario della città.
Sei operai sono rimasti intrappolati, e 5 sono morti, mentre stavano eseguendo dei lavori nelle fognature e avrebbero respirato esalazioni tossiche delle acque nere.
Sembrerebbe che questi lavoratori erano dipendenti di una impresa che stava lavorando in subappalto.
Da tempo il Sinalp, dichiara il suo Segretario Regionale Andrea Monteleone, denuncia un abuso di questo sistema di lavoro che avvantaggia solo le grandi aziende, meglio se multinazionali, a totale discapito delle piccole realtà imprenditoriali che si ritrovano a dover lavorare con regole che tutelano solo le “necessità” delle imprese e purtroppo non tutelano o tutelano in maniera eccessivamente blanda, i lavoratori coinvolti in un sistema degli appalti sbagliato e che non esalta il sistema della sicurezza.
La tragedia di Casteldaccia risponde a uno schema deleterio che si è ripetuto troppo spesso in questi ultimi anni e si è moltiplicato da quando, con l’art. 119 del D.Lgs. n. 36/2023, è stato reintrodotto il subappalto.
A questo si aggiunga l’ormai atavica carenza di Ispettori negli Ispettorati del Lavoro che di fatto ne annullano il ruolo e l’azione di prevenzione sulla sicurezza nelle imprese, e abbiamo chiuso il cerchio delle vittime sul lavoro.
Il Sinalp si unisce all’immenso dolore che ha colpito le famiglie di 5 uomini che erano in quel cantiere per guadagnarsi il “pane” per i loro familiari e per poter dare un futuro ai propri figli.
Ci auguriamo che il Governo Nazionale ma anche il Governo Regionale per quanto di sua competenza, agiscano affinchè la pletora di norme sulla sicurezza e la tutela dei lavoratori vengano veramente rispettate e le sanzioni realmente applicate.
Non abbiamo bisogno di ulteriori leggi sulla sicurezza, ma che vengano realmente applicate quelle esistenti.
Il sistema degli Ispettorati del Lavoro territoriale ha una sua logica solo se le loro “piante organiche” siano complete e correttamente formate.
Solo così si potrà invertire la crescita deleteria dei morti sul lavoro.
Bene le parole del Presidente Giorgia Meloni durante la Conferenza stampa di fine anno sulla riforma delle autonomie regionali, “farà bene da nord a sud, servirà a tutti” ma caro Ministro Calderoli le Regioni diventano “Virtuose” quando hanno i giusti finanziamenti dello Stato Nazionale, se, a parità di popolazione, una regione ne riceve anche meno della metà di altre, diventa quantomeno difficile essere egualmente “Virtuosa”.
Da siciliani ci poniamo alcune domande che giriamo a chi dovrebbe dare le giuste risposte.
La Sicilia è stata indipendente per circa 700 anni, e siamo riusciti a sopravvivere a tutto.
Anche alla mancanza del genio e dell’intelligenza imprenditoriale del “laborioso nord”.
Purtroppo nel 1945, a guerra terminata, il movimento indipendentista siciliano si è fidato delle promesse dell’allora Italia monarchica che, pur di non perdere la Sicilia, aveva accettato di riconoscere la Carta Costituzionale Siciliana, rendendo, con R.D.L. del 15 maggio 1946, n. 455, la Sicilia autonoma, nell’ambito della nazione italiana.
Lo Statuto Siciliano, dalla sua istituzione ad oggi, non è mai stato applicato nella sua totalità per pervicace volontà dello Stato Centrale italiano.
Inoltre l’italia ha fatto di tutto per “annullare” ed “eliminare” quegli articoli che avrebbero permesso alla Sicilia di avere una vera autonomia politica, amministrativa ed economica rendendola una entità geopolitica in grado di dialogare alla pari con l’italia, in quanto regione federata con essa.
Quindi da 77 anni alla Sicilia, periodicamente, gli sono state tolte fette, più o meno ampie, di autonomia per renderla sempre di più una semplice espressione amministrativa nell’ambito dello Stato italiano e nulla più.
Oggi, nella conferenza stampa di fine anno della Presidente Giorgia Meloni, da siciliani, apprendiamo che il Governo Nazionale vuole rendere le regioni tutte “autonome” nella convinzione che sarà un bene per l’intera nazione.
Da siciliani ci è doveroso a questo punto rivendicare, prima di questa neo “autonomia” il diritto al rispetto della Carta Costituzionale Siciliana da parte dell’Italia.
Vogliamo che si costituisca finalmente, dopo 77 anni dal suo riconoscimento normativo, l’Alta Corte di Giustizia Siciliana.
Vogliamo che tutte le imposte prodotte dalle aziende presenti in Sicilia, rimangano in Sicilia e non nelle regioni dove hanno la loro sede giuridica.
Vogliamo che il demanio siciliano sia veramente regionale e non solo quando c’è da pagarne i costi di manutenzione e messa in sicurezza, ma poi quando si decide di estrarre petrolio e gas dal sottosuolo siciliano, allora le scelte diventano nazionali.
Prima di parlare di autonomie delle regioni ordinarie, lo Stato italiano, se veramente riconosce la correttezza e la bontà di questa scelta, deve finalmente dare applicazione, nella sua totalità, allo Statuto Siciliano; in mancanza sarà quantomeno “lecito” dubitare sulla bontà e democraticità di questa riforma tanto voluta dalla regioni del nord già avvantaggiate dalle scelte economiche, industriali e strategiche, da sempre adottate dai vari Governi Nazionali che si sono succeduti dal 1861 in poi.