SICILIA E ARTE: LA CAPPELLA PALATINA DI PALERMO

La Cappella Palatina è una Basilica all’interno del Palazzo dei Normanni a Palermo. Non è possibile raccontare la stupefacente bellezza dei più preziosi mosaici bizantini della Sicilia

di Francesco Costanza

La Cappella Palatina è una Basilica all’interno del Palazzo dei Normanni a Palermo. Non è possibile raccontare la stupefacente bellezza dei più preziosi mosaici bizantini della Sicilia senza fare cenno delle differenze etniche e religiose che erano presenti nell’isola all’inizio dell’epoca Normanna. In questo capolavoro troveremo presenti molti elementi adottati dal re Normanno e riassunti sia nei moduli architettonici che nella decorazione musiva. La cappella dedicata ai santi Pietro e Paolo fu fatta costruire per volere di Ruggero II e venne consacrata il 28 aprile del 1140 come chiesa della famiglia reale.

Le maestranze impegnate in quest’opera esprimono fondamentalmente le culture che rappresentarono; Gli Arabi nel famoso soffitto in legno formato da una miriade di alveoli intagliati secondo l’usanza orientale, l’esempio più antico di Muqarnas, realizzato nell’anno 1131. In ogni spicchio sono presenti stelle lignee con rappresentazioni di animali, danzatori e scene di vita della corte Islamica.

La Cappella Palatina si presenta con una pianta Basilicale Latina a tre navate ed il Presbiterio Bizantino sormontato da una cupola, eretta sopra le tre absidi del santuario. Le tre navate sono separate da colonne in granito e marmo cipollino a capitelli compositi che sorreggono una struttura di archi. La cupola il transetto e le absidi sono interamente decorate nella parte superiore da mosaici Bizantini raffiguranti il Cristo Pantocratore benedicente, gli evangelisti e altre scene bibliche. Nelle navate laterali sono narrati episodi della vita di San Pietro e San Paolo e in quella centrale scene dell’antico testamento. In definitiva la Cappella Palatina nella convivenza tra culture religioni e modi di pensare apparentemente inconciliabili, sintetizza straordinariamente le necessità liturgiche del rito latino e di quello greco, testimonianza indiscussa di un epoca in cui la chiesa e il culto si conciliavano con il gusto per l’arte , ammaliati dallo sfarzo che li aveva portati ad attingere alla collaborazione della corte bizantina, nonostante la resistenza spesso collegata dei due imperi d’Oriente e d’Occidente e dello stesso papato che ambiva al grandioso e al fastoso, persino nell’omelia inaugurale l’arcivescovo Filagato da Cerami , il 29 giugno 1143 nel corso della cerimonia pronunciò le famose frasi che ne esaltavano la grandiosità: “…il tetto non si può certo saziare di guardarlo, e desta meraviglia a vederlo e sentirne parlare, essendo adornato di certi finissimi intagli variamente lavorati, a forma di piccoli canestri e rifulgendo d’oro da tutte le parti imita il cielo quando nell’aria serena risplende per il coro delle stelle…”