Dopo la sentenza del TAR che ha annullato la revoca dell’autorizzazione si continua alacremente a lavorare all’interno della stazione Muos di Niscemi, con la protezione dei carabinieri e della polizia. Anche se qualcuno ritiene che la costruzione dovrebbe comunque fermarsi perché, se è vero che il TAR ha dato torto al governo di Crocetta, è anche vero che la sentenza potrebbe essere appellata al CGA e, teoricamente, ribaltata.
Il problema è che dietro all’operazione MUOS ci sono interessi enormi sia strategici che economici: il grande orecchio niscemese fa parte di un sistema di ascolto planetario con altre tre basi dislocate in altrettanti angoli del mondo. Senza il grande radar siciliano mancherebbe una delle quattro gambe previste, rendendo monca l’intera operazione i cui costi sono stellari.
C’è un’altra considerazione da fare: l’intera vicenda non sarebbe di competenza dell’amministrazione regionale, poichè la Sicilia non ha competenza in materia di difesa, e gli Usa sono garantiti da un patto sottoscritto molti anni fa, grazie al quale l’Italia s’impegna ad ospitare strumenti di difesa. Quindi il controverso problema della pericolosità delle radiazioni elettromagnetiche passa in secondo piano rispetto ai protocolli sovranazionali che bypassano perfino le leggi nazionali.
Anche l’emergenza Libia ha una sua rilevanza nella questione: in questo momenti il Muos è considerato un presidio di sicurezza irrinunciabile dato che ad appena duecento miglia marine dalla Sicilia, ha messo le tende il Califfato dell’Isis, il primo stato jihadista della storia recente, che minaccia il nostro Paese e la pace internazionale.
Ecco perché sulla vicenda calerà il silenzio e i lavori saranno completati.
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