Nei giorni scorsi, in esecuzione del decreto di fermo emesso in data 5.10.2021 dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Catania e dell’ordinanza emessa in data 9.10.2021 dal Gip di Catania su richiesta della predetta Direzione, personale della Polizia di Stato – Squadra Mobile di Catania, ha tratto in arresto:
I destinati dei predetti provvedimenti restrittivi sono ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di tratta di persone, riduzione in schiavitù, nonché di associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, aggravati, tra l’altro, dalla transnazionalità.
Il provvedimento restrittivo ha accolto gli elementi probatori acquisiti nel corso dell’attività investigativa, avviata nel giugno del 2020 a seguito di una denuncia sporta da due cittadine bulgare nei confronti di un’altra cittadina straniera per questioni riguardanti il pagamento del canone di locazione delle postazioni su strada, c.d. joint ubicate nei pressi di un bar nella zona della locale stazione ferroviaria, dove le denuncianti erano solite prostituirsi.
Le risultanze dei presidi tecnici, corroborate da elementi acquisiti nel corso di servizi di osservazione, hanno permesso agli investigatori della Sezione Criminalità Straniera e Prostituzione. coordinati dal pool di magistrati della D.D.A. etnea, esperti in tali tipologie di reati, di acclarare che le vittime di tratta, alcune delle quali reclutate in madrepatria al costo di circa 12.000 lev (moneta bulgara corrispondente a circa 6.129,82 euro), una volta in Italia, venivano collocate in abitazioni fatiscenti (nel quartiere San Cocimo), con pessime condizioni igieniche, private di ogni libertà (finanche dei documenti di identità) e sfamate con lo stretto necessario per farle sopravvivere (alle ragazze veniva dato non solo poco cibo, ma anche pietanze poco costose come ad esempio le patate), garantendo, in tal modo, al gruppo criminale un introito costante di circa 1.400 euro a settimana.
Il modus operandi degli aguzzini ha disvelato, altresì, che le vittime, definite dagli indagati letteralmente come “spazzatura” – bokluk in lingua bulgara, venivano costrette a prostituirsi parecchie ore ogni giorno (dalle 19:00 fino alle 04:30 circa), anche durante le restrizioni imposte dalla pandemia, con ogni condizione atmosferica, sottoposte a percosse e soprusi di ogni tipo ed al costante controllo di connazionali e/o di soggetti locali, assoldati dai promotori a tale scopo.
In tale ambito il gruppo criminale non ha risparmiato le continue vessazioni anche in pregiudizio di una ragazza particolarmente vulnerabile, in quanto affetta da un grave handicap, costretta a prostituirsi sotto il costante controllo dei componenti del sodalizio.
Quest’ultima é stata individuata presso l’abitazione del promotore del sodalizio, MILANOV Emil, e, dopo averla escussa, con la collaborazione di un ente anti-tratta, è stata collocata in una struttura protetta per vittime di tratta. Dalle dichiarazioni rese dalla giovane é emerso un quadro drammatico in quanto la ragazza veniva maltrattata dall’intero sodalizio, che, approfittando dell’estrema vulnerabilità, dovuta alla sua condizione di donna, straniera e affetta da un grave e limitante handicap, la costringeva non solo a prostituirsi, ma anche a svolgere mansioni domestiche, cucinare, svegliandola in alcuni casi in piena notte e vessandola con violenze fisiche e verbali indescrivibili.
Nel contesto dell’esecuzione si è proceduto al sequestro di materiale comprovante lo sfruttamento della prostituzione ad opera degli indagati, telefoni cellulari e danaro in contante.
Nel corso delle indagini è stato, altresì, possibile dimostrare che l’organizzazione criminale in argomento, capeggiata dalla coppia MILANOV Emil/MILANOVA Milena, ha previsto una precisa assegnazioni di ruoli e compiti, attraverso il contributo e la collaborazione operativa di italiani e bulgari, con mansioni di controllo e di accompagnamento delle vittime sul luogo del meretricio.
Un altro soggetto, di origine bulgara, indagato per i medesimi reati e destinatario della misura cautelare in carcere, risulta al momento irreperibile ed é attivamente ricercato.
L’operazione é stata denominata “Bokluk” – spazzatura in lingua bulgara – perché gli indagati erano soliti apostrofare con tale espressione le donne sottoposte al loro dominio.
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