Categories: Cronaca

Sequestro di beni alla mafia palermitana per oltre 40 milioni di euro

PALERMO – I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Palermo, coordinati dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia (Procuratori Aggiunti dott. Leonardo Agueci dott.ssa Maria Teresa Principato, Sost. Proc. dott. Barbiera, dott.ssa Caterina Malagoli dott.ssa Francesca Mazzocco), dopo aver dato esecuzione, lo scorso 3 luglio a 26 fermi del Pubblico Ministero nei confronti di capi e gregari del mandamento mafioso palermitano di Porta Nuova e di affiliati ai mandamenti di Brancaccio e Mazara del Vallo, nonché alla camorra, hanno proceduto al sequestro di diversi beni riconducibili alla mafia.

Le acquisizioni raccolte, in particolare, hanno permesso di accertare come gran parte degli illeciti profitti di Cosa nostra sia stata investita in beni mobili e immobili, intestati a prestanome compiacenti.

Ne è derivata l’emissione di provvedimenti di sequestri preventivi, aventi ad oggetto un cospicuo patrimonio nel cui ambito figura:

– l’azienda di macellazione e vendita di carne all’ingrosso, denominata “Ovinsicula”, nel cui patrimonio aziendale, rientrano gli uffici amministrativi di Via Gallo 46 a Palermo, un unità operativa in via Stazzone sempre a Palermo, una seconda unità operativa, sita in Mezzojuso (PA) ed un immobile ubicato nel comune di San Gavino Monreale, in Sardegna. In particolare, l’area di Mezzojuso, che può contare su una forza lavoro di 55 dipendenti, è una delle più grandi presenti sul territorio siciliano, costituita da un complesso aziendale che si occupa dell’allevamento, macellazione e successiva vendita all’ingrosso di ovini, suini e bovini. L’azienda, riconducibile a Antonino Ciresi, arrestato nel mese del aprile del 2013, poiché ritenuto responsabile dell’estorsione allo chef Natale Giunta, nonché denunciato nell’ambito dell’operazione Alexander, poiché ritenuto reggente della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio, ha un valore di circa 30 milioni di euro. Seppur fittiziamente intestata a terze persone, è stato lo stesso boss nel corso dei colloqui in carcere con i familiari, a svelare il fatto che proprio lui ne fosse il reale proprietario. Difatti dopo aver detto al figlio di riferire ai soci di avere cura dell’azienda e di metterlo a conoscenza dei ricavi (CIRESI:…allora… digli al signor Ania a tutti e due i soci di stare attenti allo “stazzone”… di stare attenti allo stazzone”…/… “… poi un’altra cosa, gli dici a Paoluzzu e a tutti… nei conti e nei discorsi voglio assistere io me l’ha detto mio padre, tutta la fiducia ce l’hai sempre tu Paoluzzu però mio padre vuole che io le cose li devo sapere …”), faceva raccomandazioni affinché, in caso di controlli, nessuno rivelasse il suo reale ruolo (CIRESI:… “… si merita questo… perché è intestato a lui sennò … inc. … ah! Poi digli che se lo chiamano io socio non ci sono perché nel mandato di cattura c’è messo che io sono socio… mio padre dichiarazioni non ne ha fatto, perciò lui quando viene chiamato ma quali soci… veniva a leggersi il giornale, ogni tanto vendeva qualche vitello… ) ;

– il Pub denominato “Day Just”, di via Nino Bixio, un gommone modello “LED 33”; l’imbarcazione modello “Saver 330 sport”; una BMW Minicooper Country man e un acquascooter, il tutto nellaa disponibilità di Antonino Seranella, braccio destro di Alessandro D’Ambrogio, formalmente dipendente della Social Trinacria Onlus società fornitrice di servizi partecipata della Regione Siciliana, di fatto nullafacente. In particolare quest’ultimo che ufficialmente percepiva uno stipendio di circa 1.000 euro al mese, aveva un tenore di vita palesemente elevato;

– la società denominata Trioil S.r.l, con sede amministrativa a Trani in Puglia, ed unità operativa comprendente un distributore di carburanti, un bar ed un autolavaggio nel comune di Mrtinsicuro (TE) in Abruzzo. Beni questi ultimi riconducibili a Ferro, Alessi, Tagliavia e Scimone, acquisiti con i proventi derivanti dai traffici di sostanze stupefacenti;

– oltre 200 mila euro fra assegni e contanti.

I beni, il cui valore complessivo supera i 40 milioni di euro, così come disposto dall’Autorità Giudiziaria, sono stati affidati per l’amministrazione giudiziaria.

Redazione

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