Nei giorni scorsi i Finanzieri del Comando Provinciale Palermo hanno dato esecuzione a un provvedimento del G.I.P. del Tribunale di Termini Imerese con cui sono stati denunciati per bancarotta fraudolenta due imprenditori bagheresi ed è stato disposto, nei confronti di uno di questi, il sequestro preventivo della somma complessiva di € 362.373,62, nonché l’applicazione della misura interdittiva all’esercizio dell’attività imprenditoriale.
Deferite due persone che avrebbero pilotato il fallimento di una nota azienda operante nel commercio di capi di vestiario e calzature. Le attività distrattive avrebbero generato un passivo pari alla somma di € 1.977.090, rimasto insoluto anche a causa dell’assenza di un patrimonio aggredibile da parte dei creditori.
Le indagini, infatti, avrebbero dimostrato come l’amministratore della società fallita, unitamente al figlio, attraverso una costante vendita sottocosto delle merci e il trasferimento di importanti valori aziendali (tra cui anche l’avviamento e il marchio), avrebbero distratto gran parte dei valori aziendali della fallita verso un’altra società, operante nel medesimo settore. Inoltre, mediante una politica gestionale fortemente imprudente costituita da mirate alterazioni dei bilanci d’esercizio, gli indagati avrebbero evitato per diversi anni la liquidazione giudiziale occultando il valore e la consistenza reale delle perdite.
A esito degli accertamenti svolti, il GIP del Tribunale di Termini Imerese ha disposto il sequestro preventivo diretto per un valore complessivo di € 362.373,62 e l’applicazione della misura cautelare interdittiva del divieto di esercitare attività imprenditoriali.
Nel corso delle operazioni, che hanno portato al sequestro di diversi rapporti finanziari, un immobile e oggetti preziosi per un valore stimato di oltre 52.000 €, i Finanzieri della Compagnia di Bagheria hanno altresì rinvenuto, presso l’abitazione di uno degli indagati, tre coppe di terracotta che, sottoposte a perizia da parte della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Palermo, sono risultate essere dei manufatti di origine attica risalenti al V-VI secolo a.C..
I reperti, rinvenuti nel 1987 presso il sito archeologico del Monte Maranfusa nel comune di Roccamena e custoditi per anni presso la collezione del Museo Civico ivi ubicato, sarebbero stati sottratti in data e luogo imprecisati per poi finire nel salotto dell’indagato, il quale non sarebbe stato in grado di dimostrarne ai militari operanti il legittimo possesso.
Per tali ragioni, i manufatti sono stati sottoposti a sequestro e successivamente riconsegnati alla Soprintendenza. Il responsabile è stato quindi altresì deferito all’Autorità Giudiziaria anche per il reato di ricettazione di beni culturali.
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