Cronaca

Sequestrate due società del valore di 1 mln a esponente del clan Cappello

Nell’ambito di articolate attività di indagine coordinate da questa Procura della Repubblica, i Finanzieri del Comando Provinciale di Catania hanno eseguito un provvedimento di sequestro patrimoniale in materia antimafia – emesso dal Tribunale etneo, Sezione Misure di Prevenzione – relativo al patrimonio del valore di quasi un milione di euro, riconducibile a BUDA Orazio, ritenuto “socialmente pericoloso” in quanto appartenente al clan “Cappello” e precisamente al gruppo “Bonaccorsi-Carateddi” di Catania.

L’indagine di prevenzione da cui origina il citato provvedimento si collega a diverse attività investigative dalle quali emergerebbe la caratura criminale dell’interessato.

Difatti, BUDA Orazio, già dichiarato socialmente pericoloso nel 1999 e 2018 e con precedenti penali per delitti in materia di armi, ricettazione e rapina sin dal 1986, avrebbe svolto un ruolo specifico all’interno del clan “Bonaccorsi-Carateddi”, facente capo al cugino PRIVITERA Orazio, essendo dedito al sistematico reimpiego e reinvestimento in attività economiche di capitali di origine illecita accumulati dal sodalizio.

Nell’ultimo decennio, inoltre, l’interessato è stato raggiunto da misure di custodia cautelare in carcere nell’ambito delle operazioni “PRATO VERDE” e “SIPARIO”, quest’ultima svolta dal Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Catania della Guardia di finanza, in quanto ritenuto responsabile di svariati delitti quali l’estorsione, anche in forma aggravata, l’associazione a delinquere di stampo mafioso e il trasferimento fraudolento di valori.

Per tali due ultime ipotesi di reato è stato recentemente condannato in primo grado a 14 anni di reclusione.

Il profilo criminale risultante dalle evidenze d’indagine avrebbe trovato ulteriore conferma nelle dichiarazioni rilasciate da diversi collaboratori di giustizia, uno dei quali avrebbe definito il BUDA come una “macchina da soldi”, tenuto conto del suo ruolo che gli sarebbe stato riservato di investire, in settori imprenditoriali “puliti”, i fondi rinvenienti dall’attività illecita del clan e, in particolare, del cugino PRIVITERA Orazio.

Sulla base degli elementi investigativi raccolti, BUDA è stato considerato soggetto “pericoloso per la società” e, pertanto, nei suoi confronti sono stati effettuati mirati approfondimenti diretti a verificare il sussistere delle condizioni previste dal codice delle leggi antimafia (D.Lgs. n. 159/2011) per l’applicazione delle misure di prevenzione a carattere patrimoniale. A tal fine, il Nucleo PEF di Catania della Guardia di finanza ha condotto articolati accertamenti economico- finanziari individuando i beni e le disponibilità direttamente o indirettamente riconducibili al proposto.

Le successive analisi operate per valutarne la loro coerenza rispetto alle fonti reddituali lecite prodotte dal medesimo e dal relativo nucleo familiare hanno fatto emergere – nell’attuale fase del procedimento, in cui non si è ancora instaurato il contraddittorio con la parte – un’evidente sproporzione tra le ricchezze accumulate e i redditi complessivamente prodotti, risultati modesti.

Alla luce di tutti i riscontri eseguiti, la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Catania, su proposta di questo Ufficio, ha dunque disposto il sequestro di prevenzione, in quanto riconducibili a BUDA Orazio, delle società ROYAL Srls e SPECIALE BOYS Srls, con sede a Catania, proprietarie del bar ad insegna “OPERA PRIMA” di Piazza Vittorio Emanuele III, meglio conosciuta come piazza Umberto nella zona centrale della città etnea, il cui valore complessivo stimato ammonta a quasi un milione di euro. La gestione di tali aziende e del noto locale pubblico sarà affidata ad un amministratore giudiziario appositamente nominato.

L’attività dei Finanzieri di Catania si inquadra nel più ampio quadro delle azioni svolte da questa Procura e dalla Guardia di finanza volte al contrasto sotto il profilo economico- finanziario, delle associazioni a delinquere di tipo mafioso, al fine di evitare i tentativi, sempre più pericolosi, di inquinamento del tessuto imprenditoriale, e di partecipazione al capitale di imprese sane.

Redazione

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