La polizia ha eseguito un’ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari a Natale Giuseppe Gambino, 59 anni, e dell’obbligo di dimora con prescrizioni nei confronti di Antonino Palumbo, 44 anni, ritenuti dagli inquirenti responsabili del reato di intestazione fittizia di beni.
Inoltre, i poliziotti della sezione criminalità organizzata della Squadra mobile hanno proceduto al sequestro preventivo ai fini della confisca dell’impresa individuale attiva nel settore della rivendita di carni, denominata “Le delizie della carne” di via Giovanni Campisi, alla Guadagna.
Questo esercizio, spiegano dalla questura, storicamente riconducibile al Gambino e punto strategico per la sua influenza criminale nel quartiere, era già stato oggetto di confisca nel 2004, quando era stato individuato con diversa ragione sociale, ma svolgeva la medesima attività presso gli stessi locali in cui insiste attualmente.
I provvedimenti cautelari sono scaturiti dagli approfondimenti investigativi effettuati dalla Squadra Mobile a seguito dell’operazione denominata “Stirpe”, eseguita, a novembre 2015, nei confronti della famiglia mafiosa “Santa Maria di Gesù” e nel corso della quale, insieme a personaggi della levatura di Salvatore Profeta, venne arrestato proprio Palumbo, attualmente sottoposto all’obbligo di dimora ed al quale erano stati contestati i reati di cui all’articolo 416bis del codice penale.
Le perquisizioni effettuate all’esecuzione avevano portato al sequestro, presso l’abitazione di Palumbo, di un voluminoso archivio di appunti indicanti poste di acquisto e di vendita di prodotti alimentari.
Le successive attività di indagine hanno permesso di rilevare la riconducibilità a Gambino e a Palumbo della proprietà di due attività commerciali di rivendita, rispettivamente, di carni la prima, e di prodotti surgelati la seconda (quest’ultima poi ceduta a terzi), fittiziamente intestate a prestanome compiacenti ed avviate in una porzione di territorio ricadente sotto l’influenza della famiglia di Santa Maria di Gesù.
A suffragio delle risultanze emerse dalle attività tecniche e di approfondimento investigativo, spiegano gli investigatori, è stata dimostrata l’incapacità reddituale dei formali intestatari delle società al momento dell’apertura delle stesse attività, oltre all’esiguità dei redditi percepiti tanto da Gambino, quanto da Palumbo, i quali, quindi, avevano avviato i punti vendita intestandoli a prestanome e facendo ricorso a proventi economici diversi da quelli effettivamente percepiti e formalmente dichiarati.
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