I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo hanno dato esecuzione a un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali emessa dal Gip del Tribunale di Palermo, su richiesta della locale Procura, nei confronti di 3 soggetti, due destinatari della custodia cautelare agli arresti domiciliari e uno dell’obbligo di dimora. Gli indagati, in totale 24 tra persone fisiche e giuridiche, sulla base degli elementi probatori allo stato raccolti, sono indiziati, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere, dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture false, emissione di fatture false, occultamento e distruzione di documenti contabili, autoriciclaggio, omessa dichiarazione, indebita compensazione e omesso versamento. Con il medesimo provvedimento, il Gip ha disposto il sequestro preventivo, anche nella forma per equivalente, di somme e beni per oltre 14 milioni di euro pari al profitto dei reati tributari contestati, dell’autoriciclaggio nonchè ai sensi della normativa sulla responsabilità amministrativa degli enti.
Le indagini, condotte dagli investigatori del Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria di Palermo (I Gruppo Tutela Entrate) avrebbero permesso di disvelare l’esistenza di un’associazione per delinquere che dal 2016 al 2020 si sarebbe avvalsa sistematicamente di modelli seriali di evasione accuratamente ideati da un consulente fiscale palermitano per favorire 3 società specializzate nel commercio di materiali per l’edilizia, riconducibili ad un imprenditore di Alcamo.
Il collaudato sistema illecito, che avrebbe generato un volume di false fatturazioni per oltre 37 milioni di euro, si sarebbe articolato attraverso l’utilizzo di 22 società cartiere, localizzate oltre che in Sicilia anche in Lombardia, Veneto e Puglia; la realizzazione di complesse operazioni societarie, per mezzo delle quali le aziende utilizzatrici delle false fatturazioni, una volta incamerati gli indebiti vantaggi fiscali venivano dapprima svuotate del compendio societario, trasferito ad altre imprese neo costituite e successivamente poste in liquidazione e fittiziamente trasferite all’estero in Russia e Bielorussia, al fine di rendere particolarmente difficoltosi gli accertamenti da parte dell’amministrazione finanziaria italiana;la sistematica distruzione e occultamento della relativa documentazione contabile. L’ipotizzato meccanismo fraudolento, oltre ad abbattere le imposte dovute per oltre 9 milioni di euro, avrebbe consentito anche la creazione di un ingente credito IVA per circa 2,3 milioni di euro, oggetto poi di autoriciclaggio attraverso il trasferimento in altra società riconducibile agli indagati e in buona parte già oggetto di indebita compensazione con imposte realmente dovute, che in tal modo non sono state versate all’Erario.
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