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Scommesse clandestine e mafia, 11 arresti a Palermo

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di redazione

Un giro di scommesse clandestine ritenuto riconducibile alla mafia è stato scoperto a Palermo dal nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza che sta eseguendo 11 ordinanze di custodia cautelare. L’operazione, denominata in codice ‘Dirty Bet’, è coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia. Gli indagati devono rispondere, a vario titolo, di esercizio del gioco clandestino e fittizia intestazione di beni, con l’aggravante dell’agevolazione di Cosa nostra. I finanzieri hanno effettuato anche numerose perquisizioni. Gli ultimi segreti di Cosa nostra sono stati scoperti in una pen-drive sequestrata nei mesi scorsi a casa di un boss. In un file excel c’era tutta la contabilità degli affari più lucrosi che la mafia siciliana continua a gestire, il lotto clandestino e le scommesse sulle partire di calcio. Un giro d’affari di tremila euro al giorno, che aveva la sua base principale nel quartiere palermitano di San Lorenzo-Tommaso Natale, che evidentemente non si è ancora liberato del ricatto dei boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo, nonostante siano in carcere ormai da quattro anni e mezzo. C’era una rete di fedelissimi a curare la gestione delle scommesse illegali: dieci ordinanze di custodia cautelare sono state notificate questa mattina dal nucleo speciale di polizia valutaria di Palermo, al termine delle indagini coordinate dal procuratore aggiunto Antonio Ingroia e dai sostituti della direzione distrettuale antimafia Gaetano Paci e Francesco Del Bene. Dall’inchiesta emerge la figura di un ex dirigente del Palermo calcio, Giovanni Pecoraro, un nome molto noto nel mondo del calcio siciliano: è stato responsabile del settore giovanile rosanero, e anche procuratore sportivo di diverse promesse del calcio di casa nostra. E’ finito in manette per trasferimento fraudolento di valori e reimpiego di capitali illeciti, con l’aggravante di aver favorito Cosa nostra. Secondo la Procura, avrebbe fatto da prestanome a un boss del narcotraffico vicino alle cosche. Dalle intercettazioni della polizia valutaria di Palermo, guidata dal tenente colonnello Pietro Vinco, emerge che il trafficante avrebbe addirittura finanziato l’azienda edile del cognato di Pecoraro, Giampiero Specchiarello, un altro degli arrestati del blitz chiesto dalla Procura e disposto dal gip Michele Alajmo. Pecoraro era già finito in manette quattro anni fa, con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, ma sembrava esserne uscito a testa alta, con un’archiviazione chiesta addirittura dalla Procura. Invece, alcune indagini condotte in questi ultimi mesi hanno riaperto il caso. Il nucleo speciale di polizia valutaria, diretto dal generale Leandro Cuzzocrea, sta cercando soprattutto di individuare le tracce del tesoro dei boss Lo Piccolo, che sarebbe stato creato con i soldi delle estorsioni. Finanzieri e magistrati sono arrivati fino in Svizzera, in una banca di Lugano, ma le ricerche proseguono anche a Palermo, perché è probabile che i soldi dei boss siano stati investiti in alcune insospettabili società, proprio come quella di Giovanni Pecoraro.
E tra le 10 persone raggiunte dai provvedimenti di custodia cautelare in carcere per gioco clandestino, aggravato dall’aver favorito la mafia, e intestazione fittizia di beni, oltre a Giovanni Pecoraro, vi sono: Guido Spina, 47 anni, Stefano Biondo, 50 anni, Giampiero Specchiarello, 37 anni, i fratelli Giuseppe e Antonino Provenzano, rispettivamente di 49 e 55 anni, Domenico Alagna, 51 anni, Salvatore D’Anna, 49 anni, Vito Nicolosi, 49 anni, Nicolò Ferrara 59 anni

Redazione

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