Tante parole, tanta strategia, poco d’altro. Le condizioni in cui gli studenti in Sicilia hanno avuto accesso al diritto allo studio in questi mesi è la combinazione di quanto non è stato fatto, di quanto si è troppo atteso per fare, di quanto è stato fatto di sbagliato o non affatto sufficiente.
Gli studenti avrebbero accolto diversamente l’annunciato rientro a scuola dell’8 febbraio se, come abbiamo sempre chiesto a gran voce, questi mesi fossero stati spesi per la riorganizzazione della scuola: sia per quanto concerne quelle note carenze strutturali degli istituti, sia per attrezzarla in modo da poter far fronte agli ulteriori problemi dovuti alla crisi che stiamo vivendo.
Quanto deduciamo dall’azione del governo regionale in merito alla gestione della crisi della pandemia, e più in particolare in merito alla gestione del sistema scuola, è che lo stesso governo sia convinto nel perpetuare una politica di annunci, utili non di certo alla risoluzione dei problemi, quanto piuttosto al disimpegno degli interessati. La nostra organizzazione è stata impegnata, e continuerà ad esserlo, ad elaborare proposte, guardando sempre ai dati, su trasporti, edilizia e didattica. Il nostro parere sull’operato del governo su tali temi è negativo: manca una visione, una pianificazione adeguata e continuità territoriale.
Tuttavia, non è questo che ci muove ad agire. Rientrare a scuola è, per certe categorie di studenti in particolare, un’urgenza formativa. Si pensi a tutti gli studenti la cui valutazione dipende da percorsi anche laboratoriali o tecnico pratici: a questi, al danno di trovarsi un domani in un mondo del lavoro in recessione per la crisi, si aggiunge la beffa di ritrovarsi con un basso livello di formazione, sicuramente non a causa propria, in parte a causa della crisi della pandemia, certamente con la complicità dello scarsissimo livello di attenzione che a queste categorie di studenti è stata riservata.
Sarebbe stato necessario organizzare uno screening periodico della popolazione studentesca, e non una tantum che peraltro in alcuni territori non ha nemmeno avuto luogo. Sarebbe servito organizzare il distanziamento nelle scuole e organizzarsi, lì dove questo era più urgente che altrove, nello studio di soluzioni specifiche, che il territorio potrebbe anche offrire. Sarebbe servito dotare gli istituti, in deroga all’autonomia scolastica, di strumenti di gestione, così da non mettere gli studenti di fronte a informazioni assolutamente parziali e insufficienti circa le modalità di rientro.
Ciò, almeno, avrebbe sollevato il governo regionale dall’imbarazzo di dover rispondere del mancato adempimento di quanto sarebbe stato possibile riponendovi il dovuto interessamento e attenzione, e saremmo stati anche lieti noi, come organizzazione, di confrontarci col governo regionale solo nel merito di quegli interventi strutturali, e di lunga visione, di cui necessita il sistema scuola siciliano.
In sintesi, il fine dei nostri lavori non è mai stato quello di avanzare un giudizio politico bensì la risoluzione dei problemi che attanagliano la scuola e gli studenti. Alla luce della situazione attuale sentiamo di essere costretti, quindi, a prendere posizione e avanzare una critica sostanziale anche verso l’azione di governo.
Pur non privi di delusione, avendo voluto tenere, come ci è sinora parso opportuno, un contegno di tacita fiducia verso il senso di responsabilità istituzionale, questo rilievo ci muove alla proclamazione dello sciopero degli studenti per la data unica dell’8 febbraio da effettuarsi nella modalità dell’accesso alle lezioni tramite la Didattica a Distanza e non in presenza. Attivazioni nelle piazze o davanti le scuole avranno funzione informativa e coadiuveranno alla funzione mobilitativa dello sciopero.
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