Sciacca: attivisti Greenpeace accusati di violenza privata
«Può un’associazione che ha tra i propri principi fondativi la non violenza finire in un’aula di tribunale con il proprio direttore delle campagne accusato di “violenza privata”?»
Se lo chiedono gli attivisti di Greenpeace, in relazione al processo intentato nei confronti di Alessandro Giannì, dopo la protesta a Sciacca nell’aprile del 2013. La dimostrazione fu condotta nel corso di una crociera nei mari europei della nave Arctic Sunrise per la pesca sostenibile e contro la pesca distruttiva. La petizione “In nome del mare”, lanciata per l’occasione, in breve tempo superò le 56 mila adesioni.
Il processo
L’azione legale è stata promossa da alcuni pescatori di Sciacca in seguito ad un’azione dimostrativa di Greenpeace, pacifica e non violenta, come tutte quelle portate avanti dall’associazione ambientalista. La protesta si è tenuta il 29 aprile 2013 nello Stretto di Sicilia per denunciare la pericolosità per le risorse ittiche della pesca con le “volanti a coppia”.
“Accuse infondate”
Greenpeace rinnega le accuse, che ritiene “infondate” e si dichiara fiduciosa che il processo, che si avvia ormai alla conclusione, si concluda con un esito positivo. «La documentazione filmata prodotta dall’associazione – si legge nella nota diffusa alla stampa – mostra chiaramente che il peschereccio affiancato dai gommoni di Greenpeace, partiti dalla nave Arctic Sunrise, ha tranquillamente condotto e concluso la sua attività di pesca. Inoltre, non si capisce che violenza avrebbe potuto fare la persona accusata, che è stata per tutta la durata dell’attività a bordo del gommone con giornalisti, fotografi e operatori video per coordinare la documentazione dell’evento».
«Greenpeace rifiuta la violenza, pubblica o privata” – dichiara Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia -. Si è trattato di un’attività assolutamente pacifica, che non ha sollevato peraltro alcuna reazione da parte dell’equipaggio del peschereccio. D’altra parte, non si capisce come un gommone di cinque metri possa essere un “pericolo” per un peschereccio di oltre venti metri».