ROMA (ITALPRESS) – “È chiaro che ci sono filiere come il tessile, il calzaturiero, l’automotive che stanno soffrendo di più, ma alcune aziende aprono le procedure di licenziamenti solo per motivi di carattere speculativo e di delocalizzazione”. Lo ha detto, in un’intervista al Corriere della Sera il segretario della Cisl, Luigi Sbarra, commentando così il fatto che on lo sblocco dei licenziamenti, si sono riaperte molte delle vertenze pendenti già prima del Covid.
“Bisogna innanzitutto far rispettare l’avviso comune del 29 giugno – ha aggiunto – che impegna le aziende ad utilizzare gli ammortizzatori sociali, i contratti di solidarietà e intese sulla riduzione dell’orario, prima di avviare qualsiasi licenziamento. Le associazioni datoriali devono fare di tutto per riportare queste aziende nel tracciato della responsabilità sociale. Allo stesso tempo il premier Draghi deve attivare subito a Palazzo Chigi il tavolo di monitoraggio sulle crisi aziendali. E bisogna affrontare il tema delle delocalizzazioni, con regole omogenee a livello europeo, tutele per l’occupazione e sanzioni per chi non rispetta gli accordi. Un sistema di protezione universale di tipo assicurativo per non lasciare nessuno senza tutele a prescindere dalla dimensione dell’azienda e dal contratto. Ma sarà indispensabile un intervento della fiscalità generale, perché parliamo di piccole aziende”. E sulla transizione ecologica, il numero uno della Cisl ha continuato: “Serve un piano straordinario che punti sulla formazione e sulla crescita delle competenze, soprattutto digitali. I fondi interprofessionali possono fare la loro parte, ma ci sono tanti enti di formazione che possono dare un contributo. È indispensabile una sinergia tra il sistema pubblico, le agenzie private, le università, le Regioni e i fondi bilaterali, non solo per reclutare i formatori, ma soprattutto per incrociare le banche dati, per orientare ed accompagnare le persone che cercano un lavoro. Per questo vanno potenziati i centri per l’impiego. Oggi un operatore dei nostri centri dovrebbe seguire circa 500 disoccupati. In Germania il rapporto è invece di un operatore ogni 20 disoccupati”.
Un sistema di partecipazione dei lavoratori alla gestione d’impresa, sul modello tedesco? “Dobbiamo cambiare il modello di crescita e sviluppo, mettendo al centro la qualità e stabilità del lavoro, la dignità della persona, il valore della partecipazione, se vogliamo gestire con equità questa fase di trasformazione. La partecipazione è lo strumento per cambiare. Sarebbe una rivoluzione sociale e culturale. In questi anni sono state depositate in Parlamento decine di proposte di legge, anche per cercare di riparare l’errore compiuto di aver privatizzato le grandi aziende pubbliche, senza un disegno di democrazia economica e di strumenti di controllo a garanzia dell’occupazione e di sicurezza dei cittadini. Riparliamone senza pregiudizi…”.
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