Sanofi lancia “Switch On”, guida alla tecnologia in oncologia
ROMA (ITALPRESS) – Medicina e nuove tecnologie: molti medici ritengono che sarà possibile risparmiare tempo oggi dedicato alle pratiche burocratiche e condividere dati e referti con altri medici per una presa in carico multidisciplinare del paziente. È quanto emerge dai risultati di un’indagine condotta per Sanofi sulle principali necessita` di oncologi, ematologi e pazienti, analizzati nel corso della conferenza per il lancio del progetto “Switch On”, dialogo aperto su oncologia e ematologia.
“Sanofi ha una lunga tradizione nella ricerca in oncologia e ematologia e oggi siamo particolarmente concentrati su tutta una serie di farmaci e piattaforme di sviluppo che speriamo possano rappresentare i farmaci di prossima generazione”, spiega Massimo Verdilio, Head Onco-Hematology in Sanofi. In quattro aree di intervento, segnala Verdilio, è particolarmente concentrata l’attività di Sanofi: il mieloma multiplo, il tumore del polmone, il tumore della mammella e il tumore cutaneo. “Abbiamo tante piattaforme biologiche di sviluppo – aggiunge Verdilio – e stiamo lavorando anche attraverso partnership e acquisizioni su una serie di nuove piattaforme. Stiamo veramente mettendo in campo tutte le nostre risorse per cercare di dare anche nel futuro delle risposte ad alcuni di questi tumori che ancora oggi sono veramente difficili da trattare”.
La tecnologia, secondo molti medici, consentirà un accesso semplificato a tutti i dati del paziente. Altrettanti si aspettano sistemi più a all’avanguardia per agevolare la compliance del paziente. Naturalmente, emerge che il tema della tutela dei dati sensibili sarà sempre più stringente.
“La sburocratizzazione per il paziente ma direi non solo per il paziente deve assolutamente essere perseguita perché certi percorsi ad ostacoli che devono essere affrontati dai pazienti vanno superati con un organizzazione differente e snellendo alcune procedure”, osserva Giordano Beretta di Humanitas Gavazzeni Bergamo. Inoltre, Beretta segnala la necessità di un “adeguamento del computo delle ore vale a dire durante l’anno scorso le visite in presenza sono state completamente sospese e sostituite da visite telefoniche o di telemedicina: di tutta questa attività non è rimasto rendicontato niente e questo è un problema”.
Concorda Paolo Corradini della Fondazione Irccs Istituto Nazionale dei Tumori di Milano: “Con l’inserimento della tecnologia, si dovrebbero formalizzare strumenti ad hoc la teleconsulenza ai nostri pazienti”. È necessaria, segnala Corradini, “un’implementazione formale, non solo implementazione di emergenza come è stata nel tempo Covid. Tutti questi dati si potrebbero raccogliere con tecnologie di machine learning, branca dell’intelligenza artificiale, che applicata alla medicina e a tutte le nostre cartelle cliniche consentirebbe di avere dati veri dalla pratica ‘real world’ e sarebbe un tesoro di informazioni per i sistemi sanitari per i medici e quindi ovviamente per i pazienti”.
Necessaria una formazione: molti medici segnalano che il personale del proprio ospedale dovrebbe essere formato o potenziare alcune soft skills per la gestione del paziente da remoto. Inoltre, emerge la necessità di istruire pazienti e caregiver per utilizzare un terminale per le visite da remoto come smartphone, tablet, o pc.
“La pandemia ha rappresentato e rappresenta una grande calamita ma ci ha anche insegnato qualche cosa: che la pratica medica può forse deve anche cambiare a vantaggio del paziente e degli stessi operatori sanitari”, afferma Giampiero Garuti di Ail, Associazione italiana contro le leucemie-linfomi e mieloma. “Sono disponibili già tutte le tecnologie che possono servire al miglioramento delle pratiche – aggiunge – quello che non sono certo che sia ancora disponibile è la volontà e la capacità li cambiare, l’approccio culturale sia dei pazienti che degli operatori sanitari verso un modello di pratiche nuove in questa è forse l’operazione di maggiore complessità”.