Lettera aperta dei volontari che a Palermo garantiscono l’accesso a visite e cure anche nei quartieri: “Sempre più accessi. Sanità in ginocchio, suppliamo alle falle del sistema pubblico”. E al presidente dell’Assemblea dicono: “Venga a vedere cosa succede”
“Si adoperi per aiutarci a ottenere quelle risorse necessarie che non saranno impegnate in stipendi, ma che diventeranno diagnosi, terapia, conforto per qualcuno che ha immensamente bisogno”. È questa la richiesta che la rete degli ambulatori popolari di Palermo rivolge pubblicamente al presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno.
Arriva con una lettera aperta, che è un durissimo j’accuse sullo stato della sanità siciliana e al contempo l’avvio di un percorso di mobilitazione. Prima tappa e appuntamento, il 21 marzo per un’assemblea pubblica che vuole coinvolgere sindacati, forze politiche, singoli cittadini in una battaglia collettiva per una sanità pubblica all’altezza delle esigenze di tutti. Negli ultimi mesi, denunciano dalla rete degli ambulatori, si registra uno spaventoso aumento degli accessi, direttamente proporzionale alla profonda crisi del sistema pubblico a Palermo e provincia.
“Il Covid ha messo in evidenza tutte le contraddizioni della società in cui viviamo, in primo luogo nell’accesso alle cure. Durante la pandemia si è reso necessario garantire a tutti cura e profilassi e il metodo ha funzionato. Ma questo insegnamento non è stato raccolto dalla politica, che si è subito allontanata dall’universalità del servizio”, spiega Renato Costa, ex commissario Covid di Palermo e fra i pionieri nella costruzione degli ambulatori popolari a Palermo. Oggi una rete necessaria per supplire alle falle di una sanità pubblica sempre più impoverita da tagli che per i pazienti si traducono in liste d’attesa infinite, reparti saturi e con personale ridotto all’osso, difficoltà se non impossibilità ad avere farmaci salvavita in convenzione.
“Questa è la fotografia di una sanità l’abbattimento delle barriere fisiche, economiche, geografiche e sociali. Oggi assistiamo anche a pazienti fisicamente impossibilitati a raggiungere i centri di cura”, spiega Costa, che sottolinea: “In tutto questo stride ancora di più l’assoluta incongruenza fra chi non ha i fondi per accedere alle cure e chi invece ha il problema di incamerare un inaccettabile adeguamento delle indennità”.
Tra medici, tecnici, specialisti e personale che gratuitamene lavorano negli ambulatori e chi solo lì ha avuto la possibilità di fare una visita specialistica o una terapia riabilitativa, è bastato a far esplodere la rabbia. “Siamo i volontari della Rete degli Ambulatori Popolari. Siamo persone che cercano di esserci, lì, dove la sanità, la politica e lo Stato non arrivano più – si legge nella lettera aperta inviata al presidente dell’Ars – Lì dove altre persone si sentono abbandonate e bisognose di una speranza a cui, spesso, hanno dovuto dire addio”.
Perché la sanità pubblica è in crisi profonda, gli ospedali sono stati svuotati di posti letto e di personale sanitario e parasanitario, spesso costretto alla fuga da reparti di emergenza urgenza saturati dalla mancanza di una rete di medicina territoriale, mentre i precari formati negli anni del Covid sono da più di un anno in un limbo occupazionale senza sbocchi. Il risultato – spiegano – è una sanità per i pochi che se la possano permettere, pagando prestazioni a privati che da anni fanno cassa grazie alle carenze del sistema.
“La Rete degli Ambulatori Popolari di Palermo opera nella trincea di un sistema sanitario pubblico in crisi che non riesce più a garantire cure per tutti. E’ la cronaca che si racconta, ormai, da troppi anni”, si legge nella lettera. “Noi – spiegano i volontari – cerchiamo di riempire le falle che si vanno paurosamente aprendo nella vita di troppi. Ma la crisi cresce e, anche noi, ci scopriamo troppo pochi e con labili mezzi, rispetto al tanto che ci sarebbe da fare”.
Per questo al presidente dell’Ars arriva l’invito a “compiere un viaggio con noi, affinché veda con i suoi occhi quello che noi stessi viviamo tutti i giorni”. Dal Borgo Vecchio allo Zen, spiegano, le condizioni di profondo disagio, abbandono, disperazione sono le stesse. “La Sicilia è una terra combattuta fra speranza e disperazione, Palermo è una città dilaniata tra le sue luci e le sue ombre. In queste terra di confine ci sono donne e uomini che lottano affinché nessuno guardi al suo domani come a un giorno senza speranza. Chiediamo soltanto di non smettere di farlo. Chiediamo soltanto – conclude la lettera – di potere continuare a lottare”.
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