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di redazione
All’alba del 5 luglio del 1950 il Bandito Giuliano uscì dalla scena della Sicilia e della Repubblica Italiana da poco costituita. Il giornalista Besozzi scrisse in un articolo diventato storico “di sicuro c’é solo che é morto”, noi, alla luce dei fatti e dei loro sviluppi , ad oggi e a 62 anni di distanza, possiamo soltanto dire che “di sicuro c’é stato solo un morto”. Allo stato attuale dopo la riesumazione del corpo presente nella tomba attribuita a Salvatore Giuliano, i risultati relativi all’analisi del DNA del cadavere contenuto non risultano utili a definire con certezza il legame genetico tra quel corpo e la famiglia di Salvatore Giuliano. I dati di fatto sembrano quindi assecondare le molte storie legate al diverso destino di Salvatore Giuliano successivamente ed in conseguenza dei fatti storici di Castelvetrano. Ci si trova davanti quindi, un Salvatore Giuliano ancora una volta sfuggente, anche 62 anni dopo la sua scomparsa. La sua invisibilità e la sua imprendibilità si riconfermano come tratti connotanti questa storia che, tra le storie italiane, ha rappresentato la prima di quelle che insieme ad altre successive e sempre tragiche sono caratterizzate dall’assenza di una univoca e definita verità, sia per l’aspetto storico-politico che in relazione alle ingiustizie ancora manifeste. Il MISTERO della scomparsa di Giuliano, in quel 5 luglio del 1950, conta sedici diverse versioni, e non tutte ne prevedono la sua morte. Possiamo, tuttavia, aggiungere un elemento interessante a questa storia parlando di una approfondita ricerca e di un fortuito ritrovamento effettuato da un appassionato ricercatore siciliano. La scomparsa di Giuliano fu caratterizzata dal recupero, da parte delle forze dell’ordine, di alcuni oggetti che gli appartenevano. Tra questi é rilevante la fibbia d’oro della sua cintura che era appunto indossata dal cadavere ritrovato a Castelvetrano. Questa fibbia fu ampiamente illustrata in molte immagini dell’epoca: era una delle icone del bandito poiché rappresentava un immagine che egli stesso disegnò e fece realizzare come proprio simbolo. Questa fibbia fu sequestrata dalle autorità e successivamente venne esposta presso il Museo della Polizia Penitenziaria al ministero di Grazia e Giustizia, a Roma. La fibbia fu esposta fino all’autunno del 2006, momento in cui venne trafugata durante un misterioso furto senza tracce apparenti. Il destino di quella fibbia d’oro non ci é noto, ma é stata recentemente trovata una fibbia dalle caratteristiche molto simili che di seguito a ricerche approfondite può essere collegata a quella posseduta dallo stesso Salvatore Giuliano e da Gaspare Pisciotta. Da dichiarazioni riscontrabili sulla stampa dell’epoca e negli atti dei processi, risultano infatti coincidere circostanze estremamente specifiche al riguardo. La fibbia ritrovata é attualmente posseduta dallo studioso siciliano che ne ha approfondito la storia collegandola ad altri aspetti importanti della vicenda Giuliano. A questa storia dedicheremo presto uno speciale d’approfondimento.
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