Rita Levi Montalcini e’ morta a Roma. Aveva 103 anni, fu premio Nobel e senatrice a vita
E’ morta oggi nella sua abitazione a Roma il premio Nobel e senatrice a vita Rita Levi Montalcini. Aveva 103 anni.
di redazione
E’ morta oggi nella sua abitazione a Roma il premio Nobel e senatrice a vita Rita Levi Montalcini. Aveva 103 anni.
Nel 1951-52 la scoperta del fattore di crescita nervoso (NGF), nel 1986 l’assegnazione del Premio Nobel per la medicina per quella scoperta che e’ stata di fondamentale importanza per la comprensione della crescita delle cellule e organi e svolge un ruolo significativo nella comprensione del cancro e di malattie come l’Alzheimer e il Parkinson. Sono le date chiave che nel sentire comune hanno accompagnato Rita Levi-Montalcini, nata a Torino il 22 aprile 1909. Di origine ebrea sefardita, figlia di Adamo Levi, ingegnere elettrotecnico e matematico, e della pittrice Adele Montalcini, Rita nacque insieme alla sorella gemella Paola (1909-2000), nota pittrice. Entrambi i genitori erano molto colti e instillarono nei figli il proprio apprezzamento per la ricerca intellettuale.
Rita trascorse l’infanzia e l’adolescenza in un ambiente sereno, sebbene dominato da una concezione tipicamente vittoriana dei rapporti con i genitori e dei ruoli femminili e maschili e dalla forte personalita’ del padre, convinto che una carriera professionale avrebbe interferito con i doveri di una moglie e di una madre. Nonostante l’opinione del padre, decise nell’autunno del 1930 di studiare medicina all’Universita’ di Torino; la scelta di medicina fu determinata dal fatto che in quell’anno si ammalo’ e mori’ di cancro la sua amata governante. All’eta’ di vent’anni entro’ nella scuola medica dell’istologo Giuseppe Levi (padre di Natalia Ginzburg), dove comincio’ gli studi sul sistema nervoso che avrebbe proseguito per tutta la vita. Ebbe come compagni universitari due futuri premi Nobel, Salvador Luria e Renato Dulbecco. Tutti e tre furono studenti di Giuseppe Levi verso il quale si sentirono in debito per la formazione in scienze biologiche e per aver insegnato loro come affrontare i problemi scientifici in modo rigoroso, in un momento in cui tale approccio era ancora abbastanza inusuale; fu lo stesso Levi a introdurre in Italia il metodo di coltivazione in vitro.
Nel 1936 il rettore dell’Universita’ di Torino, Silvio Pivano, le conferi’ la laurea in Medicina e Chirurgia con 110 e lode, successivamente si specializzo’ in neurologia e psichiatria, ancora incerta se dedicarsi completamente alla professione medica o allo stesso tempo portare avanti le ricerche in neurologia. Nel 1938 Benito Mussolini pubblico’ il “Manifesto per la difesa della razza” firmato da dieci scienziati italiani, cui fece seguito la promulgazione di leggi razziali di blocco delle carriere accademiche e professionali a cittadini italiani non ariani. In quanto ebrea sefardita, Rita fu costretta a emigrare in Belgio con Giuseppe Levi, sebbene stesse ancora terminando gli studi specialistici di psichiatria e neurologia. Sino all’invasione tedesca del Belgio (primavera del 1940), fu ospite dell’istituto di neurologia dell’Universita’ di Bruxelles dove continuo’ gli studi sul differenziamento del sistema nervoso.
Poco prima dell’invasione del Belgio torno’ a Torino, dove, durante l’inverno del 1940, allesti’ un laboratorio domestico situato nella sua camera da letto per proseguire le sue ricerche, ispirate da un articolo di Viktor Hamburger del 1934 che riferiva sugli effetti dell’estirpazione degli arti negli embrioni di pulcini. Il suo progetto era appena partito quando Giuseppe Levi, scappato dal Belgio invaso dai nazisti, ritorno’ a Torino e si uni’ a lei, diventando cosi’, con suo grande orgoglio, il suo primo e unico assistente. Il loro obiettivo era quello di comprendere il ruolo dei fattori genetici e di quelli ambientali nella differenziazione dei centri nervosi. In quel laboratorio Rita Levi-Montalcini scopri’ il meccanismo della morte di intere popolazioni nervose nelle fasi iniziali del loro sviluppo, fenomeno riconosciuto solo tre decenni piu’ tardi (1972) e definito con il termine apoptosi. Il pesante bombardamento di Torino a opera delle forze aeree angloamericane nel 1941 rese indispensabile abbandonare la citta’ e la Montalcini si rifugio’ nelle campagne di un paese dell’Astigiano, dove ricostrui’ il suo mini laboratorio e riprese gli esperimenti.
Dopo la guerra torno’ dalla famiglia a Torino dove riprese gli studi accademici e allesti’ un laboratorio di fortuna casalingo in una collina vicino ad Asti. I suoi primi studi (degli anni 1938-1944) erano stati dedicati ai meccanismi di formazione del sistema nervoso dei vertebrati. Con il maestro Giuseppe Levi, inizio’ a fare ricerca negli embrioni di pollo attraverso i quali approfondi’ le ricerche sulle correlazioni nello sviluppo tra le varie parti del sistema nervoso e si rivolgeva allo studio dello sviluppo dei neuroni isolati da vari elementi del tessuto cerebrale dell’embrione, giungendo a diversi risultati pubblicati su riviste scientifiche internazionali. Nel 1947 il biologo Viktor Hamburger, al quale si era ispirata per molti suoi lavori, la invito’ a St.Louis, a prendere la cattedra di docente del corso di Neurobiologia al Dipartimento di zoologia della Washington University. Tra le altre cose continuo’ le ricerche embrionali sulle galline portando sul terreno sperimentale il problema delle relazioni tra neurosviluppo e periferia organica. Innestando in embrioni di pollo frammenti di speciali tumori, pote’ osservare il prodursi di un “gomitolo” di fibre nervose a carico delle cellule gangliari, deducendone l’ipotesi di un fattore chimico, liberato dal tessuto ospite e attivo sullo sviluppo dei neuroni.
Tra la fine del 1950 e il 1951, agganciandosi alle ricerche dell’embriologo Elemer Bueker, delineo’ l’idea di un agente promotore della crescita nervosa, presentando nel dicembre 1951 presso la New York Academy of Sciences la sua tesi che cercava di spiegare la differenziazione dei neuroni e la crescita di fibre nervose, l’esistenza di fattori liberati da altre cellule capaci di controllare questa differenziazione. La tesi venne approfondita e precisata con nuove esperienze, condotte nel 1952 con la cultura in vitro all’Istituto di biofisica dell’universita’ di Rio de Janeiro, in collaborazione con Hertha Mayer. Certa di rimanere negli Stati Uniti solo pochi mesi, quella che doveva essere una breve permanenza si rivelo’ poi una scelta trentennale. Fino al 1977 rimase negli USA, dove realizzo’ gli esperimenti fondamentali che la condussero, nel 1951-52, durante la sperimentazione di un trapianto di tumore di topo sul sistema nervoso dell’embrione di un pulcino, alla scoperta del fattore di crescita nervoso, una proteina che gioca un ruolo essenziale nella crescita e differenziazione delle cellule nervose sensoriali e simpatiche. Nel 1954, continuando nelle analisi in vitro e in collaborazione col suo allievo biochimico Stanley Cohen, giunse all’isolamento di una frazione nucleoproteica tumorale e all’identificazione di tale sostanza presente in quantita’ ingenti nel veleno dei serpenti e nella ghiandola salivare dei topi: una proteina che viene sintetizzata da quasi tutti i tessuti e in particolare dalle ghiandole esocrine, con cui meglio accerto’ la molecola proteica tumorale chiarificandone i meccanismi di crescita e di differenziazione cellulare. Designata come Nerve Growth Factor (NGF), essa si sarebbe dimostrata attiva sul differenziamento, il trofismo e il tropismo di determinati neuroni del sistema nervoso periferico e del cervello. Questa scoperta “andava contro l’ipotesi dominante nel mondo scientifico che il sistema nervoso fosse statico e rigidamente programmato dai geni”.
Sviluppi successivi poterono chiarire appieno il significato di questa scoperta: alcune cellule del sistema simpatico sono stimolate dall’organo di cui regolano l’attivita’, una maggior richiesta e’ in grado di modificare in senso ipertrofico le cellule di questo sistema. Dopo aver sperimentato che, trattando alcuni topi con un siero anti-NGF, questi presentavano gravi problemi neuroendocrini, dovuti ad alterazioni irreversibili dell’ipotalamo, Rita Levi-Montalcini lo utilizzo’ per controllare la crescita dei tumori delle cellule nervose. Nel 1956 venne nominata professoressa associata e nel 1958 professoressa ordinaria di zoologia presso la Washington University di St.Louis e, nonostante inizialmente volesse rimanere in quella citta’ solo un anno, vi lavoro’ e vi insegno’ fino al suo pensionamento, avvenuto nel 1977. Per circa trent’anni fece le ricerche sull’NGF e sul suo meccanismo d’azione, per le quali nel 1986 ricevette il Premio Nobel per la medicina insieme al suo studente biochimico Stanley Cohen. Nella motivazione del Premio si legge: “La scoperta dell’NGF all’inizio degli anni cinquanta e’ un esempio affascinante di come un osservatore acuto possa estrarre ipotesi valide da un apparente caos. In precedenza i neurobiologi non avevano idea di quali processi intervenissero nella corretta innervazione degli organi e tessuti dell’organismo”.
La scienziata devolse una parte dell’ammontare del premio alla comunita’ ebraica, per la costruzione di una nuova sinagoga a Roma. Nel 1987 ricevette dal presidente Ronald Reagan la National Medal of Science, l’onorificenza piu’ alta del mondo scientifico statunitense. Ha rinunciato per scelta a un marito e a una famiglia per dedicarsi interamente alla scienza. Con la vittoria de L’Unione di Romano Prodi alle elezioni politiche del 2006, la scienziata, in qualita’ di senatrice a vita, accordo’ la fiducia al governo Prodi II. In quel periodo, a causa della propria ridotta capacita’ visiva, rifiuto’ la presidenza del Senato provvisoria che le spettava per anzianita’ nel periodo d’elezione. Sostenne il governo Prodi fino alla sua caduta, pur senza partecipare ai lavori delle commissioni parlamentari.