ROMA (ITALPRESS) – Il settore delle mense sta conoscendo una crisi senza precedenti: le aziende hanno chiuso l’anno con una netta diminuzione del risultato d’esercizio, in alcuni casi con il bilancio in passivo. A causare gravi difficoltà al settore sono soprattutto i prezzi dell’energia elettrica e del gas naturale oltre che gli aumenti dei costi delle materie prime, ai quali si aggiunge una mancata revisione prezzi e un codice dei contratti pubblici contraddittorio ed inadeguato per appaltare i servizi di mensa. A soffrirne di più è la ristorazione scolastica che, oltre a svolgere un servizio pubblico essenziale per la sicurezza nutrizionale dei piccoli concittadini, è costretta ad operare sulla base di contratti aggiudicati in epoca pre-covid e senza revisione dei prezzi. La stragrande maggioranza di quelli in scadenza tra il 2020 e il 2022 sono stati propagati d’ufficio, sempre causa covid, alle medesime condizioni, senza la possibilità di una revisione per adeguare i prezzi che nel tempo, come sappiamo, sono lievitati (rispetto al 2020 il costo dei prodotti alimentari aumentato del 30%, quello del gas del 350% e quello dell’energia elettrica del 300%. Dall’indagine svolta da Demetra e per conto di Oricon (Osservatorio Ristorazione Collettiva e Nutrizione), emerge un quadro che dettaglia nel particolare le ragioni per cui le mense scolastiche non sono solo un servizio essenziale ma racchiudono un importante valore sociale. L’indagine è stata presentata stamani all’interno del primo intergruppo parlamentare sul tema della dispersione scolastica e le povertà educative guidata da Irene Manzi (Pd).Il primo dato che affiora è che l’86% delle famiglie riconosce al tempo pieno a scuola, che implica l’uso della mensa scolastica, un’importante funzione educativa e di socializzazione. Per 4 intervistati su 5 è di fondamentale importanza perchè permette di conciliare gli orari di lavoro dei genitori con quelli di accudimento dei figli, soprattutto nelle famiglie in cui entrambi i genitori sono lavoratori, considerando che il 60% delle madri ha un’occupazione (di cui il 40% a tempo pieno) mentre i padri raggiungono quota 95% (di cui l’88% a tempo pieno). E’ interessante notare come il 60% delle famiglie italiane non ricorra alla mensa scolastica non per scelta ma per ragioni legate alla mancanza del tempo pieno da parte della scuola (37%) o del servizio mensa (19%). Tale assenza di servizi muta in base alla centralità o perifericità del comune di residenza: nei comuni più centrali (circa 6 mila) i figli di quasi 2 famiglie su 3 frequentano la mensa scolastica, mentre nelle zone periferiche o ultraperiferiche la proporzioni si ribalta con il 62,1% dei bambini che non usano il servizio mensa. A questo si aggiunga il fatto che nelle aree dove il servizio mensa è assente, si registrano livelli di apprendimento più bassi ed un alto tasso di abbandono scolastico.‘Per l’86% delle famiglie, la mensa scolastica svolge una funzione sociale, educativa e di socializzazione fondamentale: riduce i divari economico-sociali in materia di alimentazione e consente ad entrambi i genitori di conciliare gli orari di lavoro con quelli di genitore – ha detto il presidente di Oricon, Carlo Scarsciotti -. Questo è un tema particolarmente importante, considerando che il mondo del lavoro è uno dei principali luoghi in cui si può mettere in pratica la parità di genere, con il 60% delle madri impegnate nel lavorò. ‘In Oricon – ha aggiunto – siamo sempre stati convinti che le mense scolastiche, oltre a garantire un servizio essenziale, abbiano un altissimo valore sociale, per questo motivo abbiamo deciso di svolgere un’indagine per dettagliare nel particolare le ragionì.Un altro dato degno di nota è che più di 9 intervistati su 10 confermano la funzione educativa delle mense, luogo in cui si imparano le corrette abitudini alimentari, grazie a pasti diversificati e perfettamente equilibrati. Secondo una recente ricerca di Save the Children, per 1 bambino su 8 in Italia il pasto principale è proprio quello consumato a scuola, a dimostrazione della necessità di questo servizio.‘A causa del Covid prima e dell’impennata dell’inflazione poi, da oltre 3 anni il settore risente di un andamento economico stagnante – ha sottolineato ancora il presidente Oricon – ma continueremo a lavorare per salvaguardare un servizio essenziale e per garantire la sostenibilità economica del servizio sia per le aziende fornitrici che soprattutto per le famiglie, evitando che l’aumento dei prezzi ricada su quest’ultime. Per questo abbiamo chiesto ai genitori se fossero disposti a fare alcune rinunce pur di continuare ad usufruire del servizio della mensa e del tempo pieno, ed è risultato che moltissimi sarebbero disposti anche a rivedere i menù, dove i prodotti a filiera controllata rappresentano in alcuni casi il 95-98% delle referenzè.Un altro dato molto rilevante emerge chiedendo quante famiglie si avvarrebbero di questo servizio laddove fosse possibile: il 77% (43% molto probabilmente, 34% probabilmente) ricorrerebbero al servizio, annullando quella differenza che invece esiste tra Nord e Sud Italia sull’attuale utilizzo della mensa scolastica (80,8% al Nord 27,6% al Sud). Mensa scolastica ed educazione alimentare: un valido alleato per le famiglie Una grande maggioranza degli intervistati (il 93% delle famiglie con figli frequentanti e l’89% tra le non frequentanti) conferma che il momento del pasto a scuola è importantissimo per la socializzazione dei bambini e per il pregio che ha la mensa scolastica di azzerare tutte le differenze economiche e sociali, analisi sulla quale concordano l’87% dei frequentanti e l’84% dei non frequentanti.Per l’83% il pasto a scuola garantisce valori nutrizionalmente bilanciati e favorisce l’apprendimento di corrette abitudini alimentari, dato confermato anche dal 73% di coloro che non fanno uso della mensa.Dalla ricerca emerge poi che per il 46% del campione intervistato le mense sono un valido alleato dei genitori nella misura in cui facilitano l’introduzione nella dieta familiare di nuovi alimenti e abitudini.E’ singolare notare come su tutti i temi attinenti al valore sociale, i valori percentuali registrino soltanto una minima flessione tra le famiglie che fanno uso del servizio e coloro che non ne fanno, a conferma di quanto quest’ultimi non si avvalgano del servizio di mensa prevalentemente per l’assenza del servizio piuttosto che per una scelta ponderata. Una mensa vale anche qualche rinuncia!Al fine di valutare una exit strategy dalle difficili condizioni economiche in cui versa il settore della ristorazione scolastica, la ricerca ha innanzitutto verificato quale possa essere il valore economico medio “percepito” dai genitori per ogni singolo pasto: sebbene il valore medio reale si attesti intorno ai 5 euro – 5,13 per la precisione – quello percepito è sensibilmente superiore arrivando a sfiorare i 7 euro (6,9), significativamente inferiore ai 16 euro, costo medio del pranzo fuori casa dei genitori nei giorni di lavoro.Successivamente è stato chiesto alle famiglie a cosa sarebbero disposti a rinunciare per rendere il servizio economicamente sostenibile da parte delle aziende fornitrici. Tra le tante voci dei bandi che regolano l’aggiudicazione del servizio e che i fornitori sono costretti a osservare, oltre la metà fa riferimento all’utilizzo di cibi a km0 o con denominazione di origine controllata e all’impiego di prodotti provenienti da coltivazioni biologiche.A questo particolare dato si aggiunga che anche il 23% di coloro che abitudinariamente acquistano prodotti biologici sarebbe favorevole ad una loro diminuzione. Il restante 41% del totale rispondenti ipotizza una minore frequenza nella variazione dei menù, calcolando che al momento si attesta tra le 4 e le 9 settimane, media invidiabile anche nelle famiglie italiane più ricercate.‘I dati della ricerca presentata da Oricon purtroppo ci confermano tendenze che già da tempo erano visibili, come la forte differenza di copertura del servizio mense sul territorio nazionale – ha evidenziato Irene Manzi, presidente dell’Intergruppo, capogruppo del Pd in Commissione Istruzione -. Ci sono alte concentrazioni del servizio mensa e tempo pieno in alcune regioni e pochissime possibilità di questi servizi in altre. Con questo divario non viene garantita la possibilità di ad un servizio che è, a tutti gli effetti, un servizio essenziale e che quindi deve essere assicurato a livello universale ed in maniera analoga su tutto il territorio nazionale. Come intergruppo dovremo rilanciare questa necessità nel nostro agire quotidiano all’interno delle Istituzionì.
– foto archivio shutterstock/Mike Dotta fornita da ufficio stampa FB & Associati –
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