Riaprite la Sicilia. La Regione Sicilia è stata tra le amministrazioni locali ad affrontare l’emergenza Coronavirus in maniera più stringente. Dopo l’iniziale diffondersi dei contagi in Lombardia e Veneto, la giunta Musumeci ha deciso di chiudere in maniera massiccia spostamenti e attività all’interno dell’isola con l’obiettivo di tagliare i possibili ponti di propagazione del Covid.
Alcune limitazioni imposte ai cittadini siciliani sono state anche più stringenti rispetto a quelle adottate a Milano, il grande epicentro della crisi sanitaria in Italia (ad esempio, il divieto assoluto di attività fisica anche in solitaria).
Il lockdown tempestivo e i numerosi controlli nei centri urbani dell’isola sembrano aver avuto l’effetto sperato. I dati relativi alla propagazione del Coronavirus in Sicilia non hanno mai raggiunto i valori allarmanti registrati nel Nord Italia, mentre la curva dei contagi ha iniziato ad appiattirsi già da alcune settimane.
Così, i risultati incoraggianti e le difficoltà economiche causate dalla chiusura prolungata delle attività commerciali stanno portando molti siciliani a richiedere uno sblocco della situazione e il ritorno a una certa forma di ‘normalità’.
Il programma previsto dal decreto ministeriale Fase 2 annunciato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte lo scorso 26 aprile non sembrerebbero però sufficienti a tranquillizzare i siciliani. Nel DPCM la riapertura di bar, ristoranti, parrucchieri e centri estetici è stata rimandata al 1 giugno. Un altro mese di chiusura che secondo le rimostranze potrebbe mettere definitivamente quegli imprenditori già messi in grosse difficoltà dalle misure di contenimento degli ultimi mesi.
Dopo la conferenza stampa di Conte le aziende del settore benessere si sono messe sul piede di guerra. Secondo l’allarme lanciato da Confartigianato, i mancati ricavi e il fenomeno della concorrenza sleale causata da parrucchieri e estetisti abusivi causerà una perdita economica di 1.078 milioni di euro, quasi il 20% del fatturato annuo. A rischio invece 49mila posti di lavoro.
Anche il settore della ristorazione dovrà fare i conti con perdite astronomiche se il blocco alle riaperture dovesse prolungarsi per altre quattro settimane. Secondo Filiera Italia, sono a rischio 320 mila locali in tutto il paese, che corrispondono al 30% del fatturato dell’agroalimentare. “Il colpo di grazia ad un comparto che produce un indotto miliardario per tutto il Paese e che non riesce più a sostenere questo fermo”, secondo Federcuochi.
Si è scagliata duramente contro i provvedimenti ministeriali anche Patrizia Di Dio, presidentessa di Confcommercio Palermo. “La Sicilia sta sprofondando e il Governo nazionale, con le ultime decisioni, ha evidentemente deciso di farci morire di fame. Basta, la situazione è insostenibile. Faccio appello alle istituzioni regionali per una forte presa di posizione in favore della Sicilia, penalizzata in modo ingiustificabile e irresponsabile. È un Dpcm inaccettabile che mette l’Italia del Sud in ginocchio e che premia le lobby del Nord, che possono riaprire industrie e cantieri, mentre qui si tengono chiuse le attività con cui si regge prevalentemente la nostra economia”
Per la numero uno di Confcommercio Palermo la responsabilità dei siciliani e la poca diffusione del virus nell’isola dovrebbe essere premiata. “Il popolo siciliano ha dimostrato senso di responsabilità e del rispetto delle regole, la situazione sanitaria è assolutamente sotto controllo, siamo la regione che in percentuale ha il minor numero di contagi ma sembra che questo non sia stato oggetto di valutazione da parte di chi ha deciso il calendario della ripresa”.
“In queste ore – prosegue la Di Dio – sta montando il malumore dei nostri associati e di tutto il mondo delle imprese del commercio, del turismo, delle professioni e dei servizi che sono il motore della nostra economia. Così si rischia una rivoluzione che non potremo più contenere. Siamo stati responsabili, non vogliamo diventare martiri di un sistema distorto”.
Intanto il Presidente della Regione Sicilia Nello Musumeci ha intenzione di proporre alcune modifiche al testo presentato dal Governo nazionale. La prima richiesta del governatore riguarda il settore degli appalti. Una deroga ai provvedimenti simile a quella prevista per la continuazione dei lavori sul Ponte Morandi di Genova permetterebbe di far aprire decine di cantieri in Sicilia, con la possibilità di portare a termine infrastrutture importanti e creare tanti posti di lavoro.
In una lettera inviata al premier Conte, Musumeci ha anche richiesto la riapertura di diverse attività produttive e commerciali. Il governatore è convinto che è possibile far ripartire negozi e industrie pur nel massimo rispetto delle regole e delle misure di sicurezza necessarie. “Vogliamo capitalizzare questo risultato dei bassi contagi che è frutto di un gioco di squadra tra le autorità regionali e la comunità siciliana”, ha detto questa mattina in collegamento con Rai RadioUno.
In arrivo delle agevolazioni per far ripartire il settore del turismo, tra i più colpiti dall’emergenza sanitaria che stiamo vivendo. La riapertura degli stabilimenti balneari in Sicilia è prevista per giugno. La giunta regionale sta studiando dei provvedimenti per regalare visite guidate e notti in albergo in modo da stimolare i viaggi e i pernottamenti nelle località turistiche siciliane.
Per quanto riguarda la riapertura della Sicilia ai cittadini provenienti dalle altre regioni italiane, Musumeci ha detto che se il numero di contagi dovesse rallentare ancora e raggiungere lo zero a maggio chiederà a Conte di far ripartire la circolazione aerea negli scali dell’isola e gli attraversamenti nello Stretto di Messina.
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