di redazione
La Corte Costituzionale ha stabilito che alcune somme, che fanno riferimento a norme contenute nella manovra finanziaria del Governo nazionale dello scorso agosto, in quanto riscosse in Sicilia, sono di spettanza della Regione. Ciò, in base allo Statuto autonomista e a specifiche norme di legge, cancella di conseguenza le previsioni normative che prevedevano diversamente. Le norme previste nella manovra hanno, infatti, superato il primo vaglio della Corte. Le impugnazioni proposte dalle Regioni autonome Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna – riguardanti per la maggior parte questioni presunte “invasioni di campo” sulle competenze regionali – sono quasi tutte rimaste senza effetto, con la sola eccezione dell’art. 2, commi 5 bis e 5 ter della legge: di tali commi è stata dichiarata la parziale illegittimità costituzionale su ricorso della Regione Siciliana. Nello specifico i due commi impugnati fanno riferimento alle attività di ricognizione e di accertamento fiscale svolte dall’agente della riscossione competente per la Sicilia (Riscossione Sicilia), esercitate per recuperare all’entrata del bilancio dello Stato l’intero ammontare sia delle somme dichiarate e non versate dai contribuenti che si sono avvalsi dei condoni e delle sanatorie previsti dalla legge 289 del 2002, sia delle nuove sanzioni previste per il ritardo di tali pagamenti, sia di quanto accertato per effetto dei nuovi controlli e della proroga del termine di accertamento dell’Iva. Per le altre disposizioni impugnate la Consulta ha poi dichiarato – con pronuncia interpretativa di rigetto – l’inammissibilità dei ricorsi, nel presupposto che le clausole di salvaguardia previste dagli statuti garantiscano comunque l’autonomia finanziaria regionale. Quest’ultima sentenza si aggiunge così alle altre quattro che, nel 2012, hanno riconosciuto alla Regione Siciliana le prerogative statutarie in materia finanziaria, con il sostanziale accoglimento delle tesi prospettate nei ricorsi.
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