Il #Crocettastaitranquillo di Faraone potrebbe avere lo stesso effetto dell’ #Enricostaisereno, twittato dall’attuale premier a Letta alla vigilia del suo defenestramento.
Mentre il sottosegretario all’Istruzione e il plenipotenziario del governo nazionale Del Rio celebravano la Leopolda sicula, a Roma la Ragioneria dello Stato lavorava alacremente per fare le pulci alla legge di esercizio provvisorio del bilancio varata a gennaio dall’ARS, in attesa di mettere mano al bilancio definitivo e al “buco” multimiliardario nei conti della Regione.
E questo nonostante a redigere quel documento fosse stato proprio l’Assessore Baccei, inviato dal governo nazionale per mettere sotto tutela Crocetta e avviare l’azione di disboscamento delle spese.
Dunque la Ragioneria dello Stato ha trovato una serie di incongruenze che mettono a rischio l’impianto della manovra e aprono la strada ad una impugnativa da parte del governo nazionale.
La nostra Costituzione, infatti, nel disegnare rapporti e competenze fra Stato e Regioni prevede che qualunque di questi soggetti può impegnare i provvedimenti degli altri, qualora vi siano invasioni di campo o evidenti anomalie.
E proprio di quest’ultimo caso si tratta, in quanto nel bilancio provvisorio della Regione non ci sarebbe corrispondenza fra entrate e uscite.
In particolare Baccei avrebbe adottato una sorta di “scorciatoia” inserendo per alcune voci, che riguardano soprattutto le spese per i precari, la copertura soltanto per quattro mesi, rinviando il reperimento del resto al successivo documento da approvare entro aprile.
Il problema è che, nel bilancio provvisorio, le risorse devono essere individuate a copertura di tutti i dodici mesi e poi viene autorizzata la spesa relativa al periodo provvisorio. Per spiegarci meglio se i precari costassero 40 milioni al mese, il bilancio provvisorio dovrebbe prevedere una entrata di 480 milioni, autorizzando una spesa di 160 milioni per i quattro mesi.
Baccei, invece, avrebbe iscritto in entrata soltanto i 160 milioni. Cosa succederà adesso? Se il governo decide di impugnare la legge davanti alla Corte Costituzionale, Crocetta ha soltanto due strade: o trovare in fretta e furia la copertura che manca (e senza l’intervento di Renzi non può farlo) facendo approvare all’ARS un nuovo bilancio provvisorio, o deve aspettare il giudizio della Corte.
Ma se questo fosse negativo il commissariamento della Sicilia sarebbe scontato.
Dunque il “Crocetta stai tranquillo” si trova con mani e piedi legati e il collo sotto la scure di Matteo I da Firenze.
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