“La cooperazione sociale può diventare una componente importante e volano di un nuovo sistema di politiche attive del lavoro pensato per superare l’esperienza del reddito di cittadinanza, senza fare crescere la disperazione dei cittadini più deboli, dando così un fattivo contributo al nostro Paese, operando al fine del loro inserimento nel mondo del lavoro”.
È quanto si legge in un documento elaborato dal responsabile del dipartimento sociale di Unicoop Sicilia, Paolo Ragusa, e che verrà recapitata al Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. In questo documento si dà ampia disponibilità all’utilizzo della cooperazione sociale, quale strumento di formazione ed orientamento dei soggetti che usufruiscono del Rdc proponendo un modello virtuoso atto a stemperare pericolose frizioni sociali.
“Nell’ormai concreta prospettiva della modifica del reddito di cittadinanza, in coerenza con gli interventi legislativi già in corso di definizione – si legge nel documento – è necessario continuare a sostenere coloro che non possono effettivamente lavorare ma, al contempo, serve anche aiutare concretamente tutti gli altri beneficiari attivando percorsi di fuoriuscita dalla misura assistenziale. Occorre aiutare le persone a trovare una occupazione. In tale contesto risulta quanto mai opportuno ottimizzare l’impiego delle risorse pubbliche, favorendo una riduzione della spesa ed addirittura migliorando i risultati in termini di politiche attive del lavoro”.
“I beneficiari del Rdc riconosciuti ‘abili al lavoro’ vanno inseriti in percorsi di fuoriuscita dalla misura assistenziale non immaginando soltanto i tradizionali corsi di formazione o riqualificazione professionale, come già previsto nella bozza di legge di bilancio 2023. Infatti, sempre con le medesime modalità di finanziamento e quindi con oneri a carico dello Stato, ma comunque a parità di spesa, si possono attivare anche misure innovative, come ad esempio l’inclusione per minimo di 6 mesi e un massimo di 12 nelle cooperative sociali di inserimento lavorativo”.
“Queste sono quelle imprese solidaristiche ex art. 1 lettera b, della l. 381/91, create proprio per favorire l’ingresso nel mondo del lavoro ai soggetti più deboli della società. Esse lo fanno garantendo direttamente la fornitura di beni e servizi nei settori tradizionali dell’economia, come l’agricoltura, il commercio e l’industria, o gestendo commesse su incarico delle imprese for profit. Si tratta di ‘imprese di transizione’ presso le quali si potrebbero formare i beneficiari del Rdc per poi essere inseriti stabilmente in tutte le tipologie di aziende, anche quelle costituite in forma cooperativa. Questa è già la mission delle cooperative sociali di inserimento lavorativo, che da circa un trentennio operano a beneficio di altre categorie di soggetti svantaggiati dal punto di vista sociale. Quindi non pensiamo alla riproposizione di quei contenitori vuoti nati nel passato, per lo più nelle regioni del mezzogiorno, per alimentare forme e sacche di precariato, promettendo improbabili stabilizzazioni tutte a spese dell’erario, ma a delle ‘palestre’ presso le quali addestrare i disoccupati, rendendo così concreta e fattibile la prospettiva di un loro inserimento nel mondo del lavoro”. Plauso, per il documento predisposto dal dipartimento sociale, è stato rivolto a Paolo Ragusa dal Presidente regionale di Unicoop Sicilia, Felice Coppolino.
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