Record cambio docenti, Anief: “Risolvere problema nel Meridione”
SCUOLA – Quest’anno il record di alunni che hanno cambiato docente.
Anief: andrà sempre peggio se non si risolve il problema del Meridione con misure straordinarie
Non era mai accaduto che in pochi mesi, come è avvenuto nell’anno scolastico in corso, due milioni e mezzo
di alunni cambiassero insegnante. Tanto che in queste ore Tuttoscuola parla di un vero e proprio
“anno nero per la continuità didattica”: la stessa rivista spiega i motivi per cui la situazione, in futuro, non cambierà, con
“migliaia di docenti (soprattutto meridionali)” che “resteranno forse delusi”, perché “i posti disponibili al Sud sono pochi”.
In questa situazione è normale che i livelli di apprendimento siano in difetto rispetto alle altre regioni del Centro-Nord.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Nessuno parla però del fatto che al Sud c’è un altissimo tasso di abbandono scolastico, il record
di disoccupazione e di Neet, oltre che di mancato supporto ai giovani da parte delle istituzioni e delle realtà imprenditoriali.
La stessa alternanza scuola-lavoro, nelle regioni del Sud non è mai decollata. In questa situazione è normale che i livelli di
apprendimento siano in difetto rispetto alle altre regioni del Centro-Nord. Servono maggiori risorse economiche, per rendere
davvero professionalizzante gli stage formativi e le forme di collegamento con il mondo del lavoro. Inoltre, dovrà essere
data una sola scuola a preside fornendo incentivi veri per chi si spende quotidianamente in tali contesti; bisognerà, poi, portare
l’obbligo formativo dagli attuali 16 anni di età ai 18. Infine, sarebbe fondamentale introdurre la classe cosiddetta ‘ponte’ a
cinque anni, con la presenza contemporanea dei maestri della scuola dell’infanzia e primaria.
Dopo la stampa specialistica, anche quella nazionale si rende conto che la riforma Renzi-Giannini non ha affatto cancellato
la mobilità del personale che opera nella scuola, ma ha addirittura aggravato la situazione: mai era accaduto che in pochi mesi, come
è avvenuto nell’anno scolastico in corso, due milioni e mezzo di alunni cambiassero insegnante. Tanto che in queste ore Tuttoscuola
parla di un vero e proprio “anno nero per la continuità didattica”: la stessa rivista spiega i motivi per cui la situazione, in futuro, non cambierà, con
“migliaia di docenti (soprattutto meridionali)” che “resteranno forse delusi”, perché “i posti disponibili al Sud sono pochi”.
In questa situazione è normale che i livelli di apprendimento siano in difetto rispetto alle altre regioni del Centro-Nord.
“Nessuno parla, però, del fatto che al Sud c’è un altissimo tasso di abbandono scolastico, con alcune province della Sicilia che
superano il 40 per cento in età scolare, il record di disoccupazione e di Neet, oltre che di mancato supporto ai giovani da parte
delle istituzioni e delle realtà imprenditoriali”, spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal.
“La stessa alternanza scuola-lavoro, su cui ha investito molto il precedente Governo, nelle regioni del Sud non è mai decollata, perché
le aziende non credono in questo genere di formazione oppure non hanno tempo e risorse da investirvi”.
“Non è normale invece – continua il sindacalista Anief-Cisal – che si continuino ad adottare per le scuole dello Zen di Palermo
o della provincia di Caltanissetta, dove quasi la metà dei giovani lascia i banchi di scuola prima dei 16 anni, le stesse regole di
organizzazione scolastica del resto del Paese. In certe realtà difficili, il numero di alunni per classe non può essere quello
standard e, allo stesso modo, vi è estremo bisogno di una maggiore presenza di insegnanti: il potenziamento degli
organici, che verrebbe incontro anche alla richiesta dei docenti ‘sbattuti’ lontano da casa dall’algoritmo impazzito
del Miur, permetterebbe di alzare senz’altro l’attenzione rivolta agli studenti più bisognosi”.
Tra i provvedimenti da attuare, per fronteggiare questa emergenza, ci sarebbe anche quello di cassare la possibilità
di assegnare più scuole a un solo Dirigente scolastico: le reggenze, in tali contesti, non possono essere attuate, semplicemente
perché il capo d’istituto deve necessariamente essere presente ogni giorno nella sua scuola per fronteggiare l’enorme mole di
problemi che si vengono a determinare, anche di diretta interazione, con le famiglie e con il territorio. Le stesse problematiche
sorgono dall’apertura dell’istituto in orari supplementari, sulla scia della sperimentazione ‘Scuole Aperte’ avviata lo scorso anno dal Miur.
Il sindacato Anief torna, pertanto, a chiedere a chi governa la scuola pubblica italiana un impegno finanziario maggiorato e delle
deroghe normative specifiche per il Meridione. “Tra gli impegni da prendere – dice ancora Pacifico – c’è anche quello di valorizzare
tutto il personale scolastico impegnato in prima linea in realtà territoriali disagiate: occorrono incentivi veri per chi si spende
quotidianamente in tali contesti, prescindendo ovviamente dai risultati
canonici. In determinate circostanze, infatti, l’obiettivo si può ritenere raggiunto anche solo abbattendo il tasso di dispersione
scolastica e elevando, per quanto possibile, le competenze, capacità e conoscenze”.
“Le maggiori risorse economiche dovrebbero servire, inoltre, a rendere davvero professionalizzante gli stage formativi e le forme
di collegamento con il mondo del lavoro nonché portare, non solo al Sud, l’obbligo formativo dagli attuali 16 anni di età ai 18.
Infine, sarebbe fondamentale introdurre la classe cosiddetta ‘ponte’ a cinque anni, con la presenza contemporanea
dei maestri della scuola dell’infanzia e primaria, in modo da preparare al meglio i piccoli alunni alla formazione successiva in un anno
particolarmente delicato. Introdurre questi accorgimenti – conclude il presidente nazionale Anief – andrebbe a creare finalmente
quel terreno adatto per risolvere tanti problemi organizzativi della nostra scuola, con riflessi negativi per gli alunni e per i loro docenti”.