PALERMO (ITALPRESS) – 127 giorni di fervente attività per contrastare Cosa nostra e dare un segnale di maggiore presenza dello Stato, 127 giorni interrotti da Cosa nostra con la massima ferocia.
Era la sera del 3 settembre 1982 quando il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, prefetto di Palermo, veniva ucciso insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente di scorta Domenico Russo in un agguato in via Isidoro Carini.
Per rendergli omaggio, alla vigilia del quarantennale della strage, una targa è stata svelata nel cortile interno di Villa Whitaker, dove Dalla Chiesa aveva prestato servizio.
Alla cerimonia hanno partecipato, oltre al prefetto in carica Giuseppe Forlani, il figlio del generale, Nando Dalla Chiesa, il sindaco Roberto Lagalla, il presidente del Tribunale, Antonio Balsamo, l’assessore regionale Gaetano Armao, il deputato di Forza Italia Giorgio Mulè, l’ex presidente del Senato Pietro Grasso, l’ex primo cittadino Leoluca Orlando e i massimi esponenti delle forze dell’ordine.
Sulla targa, il cui svelamento è stato allietato da accompagnamenti musicali di vario genere e dalla proposizione di fotografie ritraenti le tre vittime, sono riportate la motivazione della medaglia d’oro al valore civile che Dalla Chiesa ricevette e un passaggio dell’intervista rilasciata a Giorgio Bocca il 10 agosto 1982.
Alberto Dalla Chiesa aveva descritto così la sua condizione: assediato dalla mafia, circondato da ostilità diffuse, lasciato senza i poteri che aveva reclamato quando era stato mandato a Palermo dopo i successi contro il terrorismo dove sarebbe stato ucciso da un commando mafioso con la moglie e l’agente di scorta il 3 settembre di 40 anni fa.
“Con questa targa abbiamo voluto rendere la prefettura un luogo di memoria per chiunque la frequenti, istituzioni o cittadinanza – ha sottolineato Forlani -. Tutti devono sentirsi parte di questa grande battaglia di legalità, giustizia e diritto: la società civile deve essere coinvolta nella lotta alla mafia non solo nei momenti di solidarietà alle vittime, ma anche per l’affermazione di quei valori che rendono i diritti un bene da esigere”.
Il prefetto ha evidenziato poi come “le intuizioni sulle attività illecite sono il più grande lascito di Carlo Alberto Dalla Chiesa e oggi diventano ancora più importanti, data la necessità di proteggere i fondi del Pnrr”.
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