La protesta in strada contro le regole dettate dal nuovo Dpcm illustrato ieri dal premier Conte si sposta anche a Catania.
Dopo la manifestazione dei ristoratori palermitani che si è tenuta sabato sera davanti il palazzo delle Regione ora sono gli operatori del settore catanesi a far sentire la propria voce.
I manifestanti si sono mossi da via Etnea sino davanti la Prefettura dove sono state anche lanciate due bombe carta.
Le deflagrazioni non hanno causato alcun ferito, ma hanno fatto scattare uno scontro tra le varie anime dei manifestanti, poi rientrato. Nessun contatto tra loro e le forze dell’ordine.
Anche in questo caso i manifestanti si sono dissociati da chi usando la violenza ha voluto spostare l’attenzione della protesta dalle loro richieste. “La nostra è una protesta pacifica, tra gente esasperata ma senza alcuna intenzione di aggredire le forze dell’ordine” hanno sottolineato.
Anche questa volta l’iniziativa era stata preannunciata da una campagna promossa sui social network da un anonimo e all’appuntamento si sono presentati in diverse centinaia di persone.
Manifestazione spontanea di protesta anche a Siracusa. Decine di persone, in maggioranza giovani, hanno percorso corso Gelone, corso Umberto e sono arrivati in piazza Duomo davanti Palazzo Vermexio, sede del Comune. Una protesta pacifica contro le chiusure imposte dal provvedimento e in particolare la chiusura dei ristoranti dalle 18 e quella totale di piscine e palestre.
Cosa prevede in breve il nuovo Dpcm: il documento conferma la chiusura dei ristoranti alle ore 18, aperti la domenica – stop a cinema, teatri, casinò, sale scommesse – stop a palestre, piscine, centri benessere e centri termali. Sospese anche le feste dopo i matrimoni. Sono queste alcune delle misure principali del nuovo Dpcm restrittivo firmato da Conte nella notte dopo l’ultima riunione con i capi delegazione.Confermati gli orari di chiusura di ristoranti e bar “cancellando”, dall’ultima bozza, la chiusura domenicale.
Nel frattempo oggi entrano in vigore le nuove misure tra la rabbia degli imprenditori.
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