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Processo Open Arms: la difesa di Salvini chiede l’assoluzione, verdetto il 20 dicembre

Nel processo Open Arms, che vede imputato l’ex ministro dell’Interno e attuale vicepremier Matteo Salvini, l’accusa ha richiesto una condanna a sei anni di carcere per i reati di sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio, in relazione ai fatti dell’agosto 2019. In quell’occasione, Salvini aveva ritardato lo sbarco di 147 migranti soccorsi dalla nave della ong spagnola Open Arms, mantenendo il blocco per 19 giorni prima che la magistratura italiana intervenisse, autorizzando l’approdo a Lampedusa.

L’udienza tenutasi oggi nell’aula bunker del Pagliarelli di Palermo, si è conclusa con la richiesta di assoluzione da parte dell’avvocato difensore Giulia Bongiorno, la quale ha sostenuto che “il fatto non sussiste”. Bongiorno ha argomentato che la decisione di Salvini, allora ministro, non era volta a colpire i migranti, ma rappresentava una “battaglia sui diritti”, con l’obiettivo di contrastare quello che ha definito un uso improprio del concetto di diritto in tema di migrazioni.

Secondo la difesa, l’azione di Salvini rientrava nel quadro delle politiche di gestione dei flussi migratori e della tutela dei confini nazionali. In particolare, Bongiorno ha sottolineato come la Spagna avesse offerto il proprio porto per l’accoglienza dei migranti, proposta che, a suo dire, fu ignorata dalla ong Open Arms. “Pagine nere di questa vicenda”, ha affermato l’avvocato, riferendosi al rifiuto della nave di considerare l’alternativa spagnola.

Il processo, inizialmente previsto per concludersi in queste settimane, è stato rinviato al 20 dicembre, data in cui si terranno eventuali controrepliche prima della camera di consiglio, che dovrà emettere il verdetto.

La posizione del vicepremier

“Se dovessi essere condannato per me non cambia nulla. Continuerò a fare il mio lavoro tranquillamente, ma il giorno dopo a festeggiare sarebbero gli scafisti e i trafficanti, perché saremmo l’unico Paese al mondo, mentre tutta Europa chiude e controlla le frontiere, dove un ministro che ha controllato, ridotto e contrastato gli sbarchi, viene condannato. Sembra di essere su scherzi a parte. Lo rifarei e se tornerò al Viminale rifarò lo stesso” così ha dichiarato il leader della Lega Matteo Salvini, qualche settimana fa a margine del convegno di Anci Lombardia.

Questo caso giudiziario rappresenta un crocevia delicato nella carriera politica di Matteo Salvini, che in quel periodo aveva fatto della linea dura sui migranti uno dei punti cardine della sua azione di governo. La sentenza sarà decisiva per stabilire se tale politica fosse conforme alle leggi italiane o se abbia violato i diritti umani dei migranti coinvolti.

Redazione

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