“Il piano di privatizzazione delle Poste è una mannaia sull’occupazione. Dimentica che il servizio postale è anche attività sociale e universalistica. Sposa unicamente le logiche del profitto. In Sicilia finirebbe col tradursi nel taglio di centinaia di posti”.
Così Mimmo Milazzo, segretario della Cisl Sicilia, riguardo alle intenzioni manifestate dal Governo nazionale di procedere alla privatizzazione di un altro 30% di Poste Italiane. “Sarebbe una mera operazione di cassa – afferma il sindacalista – che, sull’altare di una logica squisitamente contabile, con l’unico obiettivo di ridurre il debito pubblico, sacrificherebbe la funzione sociale, la valenza economica, la storia e la cultura di un’azienda che è ancora la cassa di risparmio della gran parte dei pensionati, dei lavoratori e delle famiglie, nel Paese”.
In breve, l’eventuale seconda tranche di privatizzazione sarebbe, scrive Milazzo, “un’ipoteca sul diritto di cittadinanza”. Per di più, in un momento storico in cui l’imperativo della crescita imporrebbe, semmai, piani di investimenti e non di tagli.
“Il governo ci ripensi – esorta Giuseppe Lanzafame, segretario della Slp Cisl regionale – l’eventuale privatizzazione sarebbe un errore strategico”. E a pagare il conto, ripete con Milazzo, sarebbero il Paese e le sue aree più deboli, in particolare. Così “la Sicilia dove i 900 part time non vedrebbero più trasformato in full time il rapporto di lavoro e dove si registrerebbero eccedenze, soprattutto nei settori della logistica e del recapito, che difficilmente troverebbero spazi di ricollocazione”. Inoltre, fondi finanziari e grandi investitori stranieri butterebbero alle ortiche attività centrali per valore sociale, anche se poco redditizie, come quelle svolte dagli uffici dei piccoli Comuni o com’è il recapito nei piccoli centri.
Insomma, “il Governo non ripeta il grave errore che fu fatto con Telecom”, si legge nella nota. Che così continua: “L’esecutivo Gentiloni accolga le perplessità che da più parti vengono manifestate. E anche dalla stessa compagine governativa. E non metta con le spalle al muro, sul piano dei diritti, i 140 mila lavoratori italiani, diecimila dei quali impegnati in Sicilia”. “Ci auguriamo – incalza Milazzo – che “sia evitato l’ulteriore inasprimento del conflitto sociale che lo scorso 4 novembre ha portato in piazza in tutta Italia, e anche in Sicilia, lavoratori e sindacati” che a Palermo sfilarono in corteo per una manifestazione regionale.
“Non permetteremo lo scempio”, le parole di Lanzafame per il quale “i lavoratori, nel tempo, hanno sanato i deficit dell’azienda consentendo attivi di bilancio annuali di un miliardo di euro”. “Non permetteremo la svendita di un gioiello che crea occupazione, servizi e redditività”, ripetono alla Cisl.
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