Polizia penitenziaria: traffico di droga gestito dai boss dalle celle via telefono

“Le indagini dei carabinieri della compagnia di Gravina di Catania, coordinate dalla Dda etnea, sul traffico di droga diretto personalmente dal carcere da un detenuto della casa circondariale di Caltagirone che impartiva gli ordini all’esterno grazie un telefono cellulare, sono l’ennesima riprova di quanto denunciamo da tempo: i boss e gli uomini forti affiliati alle famiglie mafiose continuano comodamente a comandare dal carcere”.

Ad affermarlo è il segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria – S.PP. – Aldo Di Giacomo che aggiunge: “si pensi solo che, secondo le prime notizie, l’associazione era capace di incassare oltre 10mila euro a settimana dallo spaccio di marjuana e cocaina. La priorità resta dunque quella di bloccare il continuo arrivo di telefonini in gran parte dal “cielo” (attraverso i droni) se si vuole realmente interrompere, una volta per tutte, il “comando” dal carcere ai territori oltre alle minacce ed estorsioni persino a magistrati antimafia come è risultato di recente. Continuiamo a ripetere – dice ancora Di Giacomo – che la lotta alle mafie si conduce a partire dal carcere dove sono detenuti capi clan e boss insieme ad esponenti di spicco delle famiglie. In questo scenario sempre più allarmante invece assistiamo alle continue proposte di abolizione del carcere ostativo o comunque di un’attenuazione del carcere a vita. Un segnale dell’ulteriore debolezza dello Stato ben intercettato dai boss che rafforza la loro convinzione che si può approfittare da una parte del clima buonista nei confronti dei detenuti e dall’altra della campagna contro gli agenti “violenti e picchiatori.

Questi episodi inoltre hanno un effetto devastante che si continua a sottovalutare: lo scoraggiamento per le vittime delle mafie a denunciare e collaborare con i magistrati. Le conseguenze sono il calo di denunce che – in ambienti dei giudici antimafia – si quantifica tra il 5 e il 10 per cento in questi primi mesi dell’anno in particolare in Calabria, Campania, Sicilia e Puglia. Quando viene meno la “garanzia” dello Stato alle vittime della criminalità mafiosa ed organizzata di perseguire mandanti ed esecutori di estorsioni e reati la lotta alla criminalità rischia una brutta battuta d’arresto. La collaborazione con la giustizia si affievolisce perché scatta la paura.

Non si sottovaluti – afferma il segretario del Sindacato Penitenziari – che le mafie approfittando di questa fase di crisi internazionale stanno concentrando i propri interessi sulle attività economiche e produttive per acquisire alberghi, ristoranti, imprese, oltre che nei traffici di droga come nel caso del detenuto a Caltagirone.

Noi – conclude Di Giacomo – siamo stanchi di continuare a “gridare a lupo” e a mettere in guardia: è il momento di reagire”.