Il Consiglio regionale dell’Assostampa siciliana ha ricordato ieri sera Pippo Fava ucciso in un agguato, 38 anni fa, la sera del 5 gennaio 1984, nei pressi del Teatro Stabile di Catania.
Fava, 59 anni, direttore de “I siciliani”, assassinato da Cosa nostra, era impegnato da anni a denunciare le collusioni che legavano imprenditori, politici e mafiosi nella città in cui tutti negavano che la mafia fosse presente e in piena attività.
“Ci sono voluti dieci anni anni per accertare che fu la mafia a uccidere il giornalista che era rimasto cronista attento – scrive la segreteria regionale di Assostampa Sicilia – . A lungo si cercò di far credere che si trattava di un delitto passionale, come è accaduto anche per coprire altri omicidi di matrice mafiosa. Alla fine i processi hanno accertato che fu il capomafia Nitto Santapaola insieme ad Aldo Ercolano a ordinare di mettere a tacere Pippo Fava. Lo ha confermato definitivamente la Cassazione nel 2003. Dai processi sono usciti assolti Marcello D’Agata, Francesco Giammusso e Vincenzo Santapaola, che erano stati condannati in primo grado come esecutori”.
La storia di Pippo Fava e la ricostruzione del lungo iter processuale per accertare le responsabilità della sua morte si possono leggere sul sito di Ossigeno “Cercavano la verità” (giornalistiuccisi.it), dedicato ai trenta giornalisti uccisi da mafie, terrorismo. Per il preoccupante numero di contagi da Covid-19 a Catania, la Fondazione Giuseppe Fava ha deciso di rinviare a data da definire la consegna del Premio Giornalistico Nazionale 2022, quest’anno assegnato a Paolo Biondani. Annullato anche il presidio sotto la lapide del giornalista.
“Pippo Fava nel silenzio assordante e connivente delle istituzioni e della società civile, in un tempo nel quale si negava l’esistenza della mafia, ha denunciato gli intrecci tra Cosa Nostra, politica, affari, imprenditoria e massoneria.
Le sue inchieste e il suo concetto etico del giornalismo, libero da ogni forma di ingerenza o condizionamento, rappresentano un grande esempio per i giovani e i professionisti dell’informazione.
Fava cercava con senso del dovere la verità in un momento storico nel quale questa doveva essere taciuta a tutti i costi. A distanza di trentotto anni dal suo omicidio resta vivido il ricordo di un intellettuale delegittimato durante la sua carriera che ha portato avanti con coraggio i valori della libertà d’espressione e della lotta all’illegalità”.
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