Quarant’anni dall’assassinio di Mattarella, le celebrazioni a Palermo

Quarant’anni dall’assassinio di Mattarella. E’ stato commemorato ieri a Palermo, nel quarantesimo anniversario della sua uccisione, il presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella. La giornata è iniziata con la deposizione delle corone di alloro in via Libertà, luogo dell’eccidio.

A seguire l’intitolazione del Giardino inglese e, infine, una seduta solenne all’Assemblea regionale siciliana, con la partecipazione del capo dello Stato, Sergio Mattarella. Di seguito l’intervento del presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci, che ha concluso la cerimonia a Palazzo Reale.

Quarant’anni dall’assassinio di Mattarella: le parole del presidente Musumeci

«Sono le stesse mura testimoni dell’appassionato, intelligente, coraggioso impegno profuso nel corso di tre legislature da Piersanti Mattarella da autorevole protagonista. Prima da parlamentare e poi da uomo di governo, sia come assessore alla presidenza con delega al Bilancio e soprattutto come presidente della Regione per quasi due anni dal marzo del 1978 a quel fatale gennaio 1980.

Nonostante il breve arco di tempo, l’attività legislativa e gestionale del giovane presidente, ormai consacrata negli atti parlamentari, ci dà la misura del suo notevole spessore culturale, della sua lucida capacità di analisi, della sua rara sensibilità di cattolico militante, della sua abilità nel saper mediare anche nei momenti difficili sempre alla ricerca di soluzioni unitarie. Con un simile bagaglio, chissà quale futuro avrebbe avuto quel giovane figlio d’arte predestinato alla vita pubblica se il destino non si fosse abbattuto su di lui come una mannaia a 45 anni costringendo a dischiudere le giovani ali in altissimi voli, come forse avrebbe detto D’Annunzio.

Ma se posso spingermi ad avanzare una personale e serena valutazione, dico senza alcun dubbio che il merito maggiore del presidente Piersanti Mattarella consiste nell’aver voluto e saputo accettare la difficile sfida del cambiamento della innovazione in una Sicilia che in quegli anni non era ancora disposta a cambiare. Un’atavica cultura della rassegnazione, assieme a un diffuso familismo, a un disarmante assistenzialismo, ad un innato spirito anarcoide aveva assegnato alla Regione Siciliana il ruolo di una sorta di ammortizzatore sociale per creare spesso occupazione senza lavoro”.

[…] “Il tragico epilogo ha fatto sì che restasse incompiuto il lavoro avviato dal coraggioso uomo politico. E malgrado alcuni successivi generosi sforzi compiuti nel tempo, la Regione con le carte in regole resta un obiettivo vicino ma non ancora compiuto. Quale Regione immagina il presidente Piersanti Mattarella quando parla di carte in regola? E’ solo un problema legato all’organizzazione interna improntata all’efficienza, o all’uso delle risorse pubbliche finalizzate a determinare condizioni di reale sviluppo dell’Isola in una dimensione europea e mediterranea? O ancora all’assoluta impermeabilità dell’ente e delle sue classi dirigenti rispetto a qualsiasi forma d’illegalità o di condizionamenti nei confronti del potere esecutivo? Certo, tutto questo diventa il presupposto essenziale, ma non basta.

La nostra Regione avrà davvero le carte in regola, signor Presidente della Repubblica, quando tutti i siciliani sentiranno forte l’esigenza di partecipare all’essenziale e non più rinviabile processo di cambiamento. Un cambiamento che postula la rinuncia a comportamenti ormai non più giustificabili  e che nel tempo hanno costituito un comodo alibi per classi dirigenti sulle cui responsabilità grava anche la barbara fine del presidente Piersanti Mattarella e di tanti altri servitori delle istituzioni pubbliche».

L’intervento del sindaco di Palemo Leoluca Orlando

“Piersanti Mattarella fu vittima di un potere criminale e mafioso, comunque eversivo. Un potere criminale e mafioso che era un sistema ad alleanze variabili, che andavano dall’eversione fascista fino alla criminalità di borgata. Un potere capace di mettere insieme elementi che sembrano lontanissimi: la dimensione internazionale e quella più locale.

Piersanti Mattarella è stato un “Resistente della Costituzione”, è stata una presenza eversiva in un normalità che era criminale. Essere qui vuol dire anche ricordare la sua visione e fede europeista, nei confronti di tutte le spinte e tutte le logiche separatiste che hanno afflitto la nostra Regione, interpretando malamente il senso dell’autonomia.

Piersanti Mattarella prestò attenzione, con atti concreti e con leggi, al tema del bilancio, essendo eversivo rispetto ad un sistema che non voleva trasparenza dei conti pubblici regionali.
Ha prestato attenzione all’apparato burocratico, convinto che la riforma della burocrazia fosse condizione indispensabile per la trasparenza e l’efficienza

Ha prestato attenzione ai servizi resi ai cittadini e, per essi, ai Comuni, con la legge 1 del 1979. Fu anche quella un’operazione che apparve eversiva, sottraendo al potere indiscriminato e spesso mafioso degli assessorati regionali decine di miliardi di lire, che furono distribuiti ai Comuni perché dessero servizi ai cittadini. Furono indicate delle priorità per quei servizi; priorità ancora oggi valide e di straordinaria attualità e che ci richiamano ogni giorno ai nostri doveri di amministratori.

Prestò attenzione all’urbanistica, tagliando le unghia alla speculazione e interrompendo il “sacco” di Palermo, provocando la reazione di Vito Ciancimino degli altri mafiosi come lui e degli altri non considerati mafiosi ma operanti nello stesso sistema di potere che pervadeva ogni parte della società civile e del sistema istituzionale. E come non ricordare la sua attenzione per il sistema dei lavori pubblici, con la eversiva modifica radicale del sistema dei collaudi e l’eversiva rotazione dei Dirigenti.

E quando qualcuno diceva al Presidente “Non è troppo avanti?”, le sue parole erano sempre che occorreva rompere il sistema di potere o non ci sarebbe stato futuro per la Sicilia. Erano tutti questi, gli elementi di quella che lui chiamava la “politica delle carte in regola”.
Piersanti Mattarella aveva uno straordinario rispetto per il primato della politica, coniugato con la tensione etica, richiamata dall’art. 54 della Costituzione. Ecco perché egli fu un Resistente della Costituzione in tempi terribili e difficili.

Ecco perché quando Mattarella richiamava il primato della politica unito all’etica, appariva ancor di più un eversivo, rispetto ad un potere politico che allora aveva sì un primato, ma un primato criminale.
Piersanti ci ha indicato una strada: la libertà dalla paura. Il messaggio più profondo che viene dalla sua esperienza umana e politica è il ricordarci che è possibile essere liberi dalla paura. E lo fece convinto fino in fondo che il modo migliore per sconfiggere la paura è il dialogo con il diverso da sé.

Il compromesso storico non era per lui una formula politichese; era la convinzione di una visione, del dialogo con l’altro. E quel compromesso storico, spento nel sangue di Aldo Moro e delle vittime di via Fani, spento nel sangue di Piersanti Mattarella, portava a parlare col diverso prima ancora che cadesse il Muro di Berlino, rompendo lo status quo nel quale stava l’impunità dei politici italiani anticomunisti. La stessa impunità di chi a Est reprimeva violentemente nel nome dell’opposizione all’occidente.

La sua visione e le sue ragioni erano profonde era per convinzione personale e tradizione familiare un cattolico democratico. Faceva del cattolicesimo democratico la regola del proprio comportamento, il punto di partenza e l’orizzonte del suo agire politico. Per questo egli fu un eversivo e di resistente, in un tempo in cui la
mafia governava questa città.
Oggi possiamo dire tutti insieme che Piersanti ha compiuto fino in fondo la propria missione, che se a Palermo il Sindaco, il magistrato, il giornalista, le istituzioni non hanno il volto della mafia lo si deve a anche Piersanti. Per questo oggi tutti insieme non possiamo che dire un accorato e affettuoso “Grazie Piersanti”.

Il ricordo di Claudio Fava, Presidente della Commissione Antimafia

“Signor Presidente, ricordare oggi, in quest’aula, il sacrificio di Piersanti Mattarella rappresenta, per chi le parla, un privilegio e al tempo stesso una fatica.
La fatica di chi sa bene che la misura del tempo trascorso, per quanto ampia, non potrà mai compensare il vuoto delle assenze. E di queste assenze, di quanto mordano ancora oggi la nostra esistenza, abbiamo tutti dolorosa consapevolezza. Certamente io e lei…

Ricordare Piersanti Mattarella vuol dire soprattutto ripercorrere l’eredità che ci ha lasciato: il rigore civile, la forza morale, la generosità del suo ottimismo. E mi piace, qui ed oggi, citare un’altra sua qualità, una risorsa umana di cui spesso la politica è orfana: la capacità di saper dire dei no.
Piersanti Mattarella, da Presidente di questa regione, quei no li disse. E forse ne pagò il prezzo con la vita.

Sono trascorsi 40 anni eppure la limpidezza della sua scelta, la forza di quei no, la coerenza con cui interpretò il ruolo di presidente della Regione Siciliana ci arrivano intatti.
Questo è un tempo difficile. Oggi qui evochiamo la violenza omicida delle mafie, ma dobbiamo farci carico anche di una violenza culturale prepotente: il tentativo di riabilitare fascismo, razzismo, antisemitismo, di trasformarli in una cifra indelebile, un livido sulla coscienza di questo paese. In questo senso le sue parole, signor Presidente, sono state sempre un monito chiaro, netto, prezioso per tutti noi.

Anche la vicenda umana e politica di suo fratello Piersanti si muove nella medesima direzione: il rigetto di ogni mafia e la difesa della verità suonerebbero oggi come la condanna più alta per chi tenta di inquinare lo spirito di questa nazione riabilitando quelle offese e umiliando la nostra memoria.
Anche per questo siamo grati a Piersanti Mattarella e a tutti color che, cadendo sotto la violenza delle mafie, ci hanno insegnato che non furono eroi ma solo donne e uomini giusti, appassionati difensori della verità. E la verità è la più alta delle nostre risorse per combattere ogni mafia”.