Cronaca

Petrolchimico siracusano: a rischio oltre 8mila lavoratori

“Sapere da un’agenzia di stampa che dopo sette il Mise sarebbe pronto a valutare la dichiarazione di area di crisi complessa per il petrolchimico siracusano lascia sgomenti». Lo afferma l’assessore alle Attività produttive della Regione Siciliana Mimmo Turano, commentando l’indiscrezione diffusa da fonti del ministero dello Sviluppo economico sull’imminente valutazione della richiesta da parte della Regione Siciliana.

L’intesa dei 27 Paesi membri sull’embargo al petrolio russo ha concretizzato le paure circolate nelle ultime settimane. Perché a Priolo, in provincia di Siracusa, ci sono 8mila posti di lavoro che dipendono direttamente e indirettamente dal greggio importato da Mosca. E che genera un giro d’affari da 1,1 miliardi annui che rappresenta circa un punto del Pil siciliano.

“Il Governo Musumeci – continua Turano – ha presentato ben sette mesi fa dopo un lavoro di oltre un anno con imprese e sindacati e altri attori istituzionali la richiesta di area di crisi, purtroppo nessun tipo di risposta ci è stata data nonostante abbia personalmente scritto ben quattro volte al ministro Giorgetti”.

“Allo stato – conclude l’assessore – c’è solo un tavolo convocato dal viceministro Todde che ancora una volta viene definito interlocutorio. Non è più tempo di massimi sistemi, il Governo nazionale ci deve dire cosa vuole fare, che progetti ha sul petrolchimico siracusano”.

Miccichè: “L’embargo del petrolio russo causerà gravissimi rischi per l’economia siciliana”

“Le decisioni assunte questa notte in Europa sullo stop al petrolio russo trasportato via mare, provocherà, se non si interviene immediatamente, conseguenze gravissime sull’occupazione in tutta l’area del petrolchimico siracusano e sull’economia siciliana”. Lo scrive in una nota il presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè.

“Sono al fianco di Stefania Prestigiacomo – aggiunge Miccichè – che questa mattina ha lanciato per prima l’allarme, conoscendo profondamente le dinamiche di un’area strategica dell’Isola, che contribuisce a raffinare il 20% del prodotto nazionale e il 18% dell’energia elettrica della Sicilia. Non è possibile che si assuma, senza aver previsto una alternativa tecnico-politica, una decisione che rischia di rappresentare la smobilitazione del più grande polo di raffinazione italiano, che occupa migliaia di addetti. La Sicilia non è in condizione di reggere la decapitazione di una filiera produttiva per una scelta “al buio” del Governo”.

“Il Premier Draghi – rileva ancora Miccichè – conosce profondamente i meccanismi economici e la situazione degli approvvigionamenti energetici e penso che comprenda il potenziale di tensione sociale di una scelta gravemente penalizzante per la comunità siracusana.  Lo invitiamo a fare presto chiarezza e verità”.

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