Agenti della Polizia di Stato, del Servizio centrale operativo e Guardia Costiera sono saliti a bordo della nave di Save the Children ormeggiata a Catania. Si cercano documenti compromettenti: atti che provino l’accusa di favoreggiamento all’immigrazione clandestina.
Questo provvedimento rientra nell’inchiesta della procura di Trapani sulle Ong che salvano i migranti nel mar Mediterraneo. E adesso coinvolge anche Save the Children, una delle organizzazioni che quest’estate ha firmato il codice di condotta proposto dal Viminale alle ong che operano salvataggi nelle acque tra l’Italia e il Nord Africa.
Tra gli indagati c’è anche il comandante della Vos Hestia Marco Amato, al quale è stato inviato un avviso di proroga delle indagini alcune settimane fa. Il provvedimento è relativo allo stesso fascicolo che ad agosto ha portato al sequestro della nave Iuventa della ong tedesca Jugend Rettet, fermata sull’isola di Lampedusa e ancora sigillata nel porto di Trapani.
Nel decreto di sequestro della Iuventa il gip del Tribunale di Trapani aveva fatto più volte riferimento alla Vos Hestia, spesso in contatto con la Iuventa per trasbordare gli immigrati. A fare il nome di Amato sarebbe stato Pietro Gallo, che lavorava per la Imi security service (società che si occupava della sicurezza a bordo) e che con le sue dichiarazioni ha fatto partire l’inchiesta. A bordo della Vos Hestia ha operato per diverso tempo anche un agente sotto copertura che ha documentato con diverse foto i presunti contatti in mare aperto tra i trafficanti libici e gli uomini a bordo della Jugend Rettet. L’ipotesi degli inquirenti, quindi, è che a bordo della nave di Save The Children siano stati trattenuti documenti relativi proprio alla gestione di alcuni trasbordi nel tratto di mare immediatamente vicino alle acque territoriali libiche.
“La perquisizione è relativa alla ricerca di materiali per reati che, allo stato attuale, non riguardano Save the Children. La documentazione oggetto della ricerca come si evince dallo stesso decreto di perquisizione è relativa a presunte condotte illecite commesse da terze persone”, sottolinea, però, l’organizzazione non governativa che rende anche noto di aver sospeso le operazioni di soccorso in mare “come già pianificato data la riduzione dei flussi”. Oltre a ribadire la nostra totale estraneità alle indagini, l’ong spiega di aver “sempre agito nel rispetto della legge durante la propria missione di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo” e conferma “ancora una volta che l’Organizzazione non è indagata“.
“Tutte le operazioni sono state condotte in strettissimo coordinamento con la guardia costiera italiana e nella massima collaborazione con le autorità. La nostra missione è sempre stata guidata unicamente dall’imperativo umanitario di salvare vite. Confidiamo che la magistratura, nella quale l’Organizzazione ha piena fiducia, faccia immediata chiarezza sull’intera vicenda”, è il commento di Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia.
Sia Juventa che Save The Children hanno respinto l’accusa di avere favorito l’immigrazione clandestina, hanno sempre sostenuto che i loro interventi erano sempre coordinati dalla Centrale Operativa della Guardia Costiera Italiana. Le Ong sono state anche accusate di avere permesso agli scafisti di potere recuperare le imbarcazioni sulle quali viaggiavano i migranti. Un’accusa anche questa respinta.
”Non potevamo intervenire perché molti scafisti erano armati –dice un esponente di una Ong coinvolta nell’inchiesta- e alcuni pescherecci battente bandiera libica seguivano i trasbordi nell’attesa di recuperare i gommoni o le barche utilizzate per il trasporto dei migranti. E lo hanno fatto anche davanti ad alcune motovedette della nostra Guardia Costiera che però è intervenuta affondando quei gommoni e quelle barche. Ma noi non abbiamo questa possibilità”.
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