Per alcuni scienziati dell’evoluzione la guerra è un’attività connaturata al genere umano, volta a salvaguardare la conservazione della specie attraverso la periodica decimazione dei soggetti “in esubero” rispetto alle risorse del pianeta. Per la civiltà occidentale sorta sulle ceneri della guerra mondiale è uno strumento da ripudiare, estraneo alle coscienze dei cittadini, anche se conforme agli interessi delle potenti lobby che fanno capo all’industria bellica (Italia compresa).
L’esperienza ha dimostrato che l’uso della guerra più che risolvere le controversie, quasi sempre le aggrava. Ci sono dei momenti storici, però, in cui il ricorso alla guerra diventa obbligatorio: lo fu nel 1939 per arginare la Germania nazista che sognava di imporre il giogo della razza ariana a tutto il mondo, lo è adesso con il Califfato dell’ISIS che vuole issare la sua bandiera a Piazza San Pietro e al Colosseo, simboli della Cristianità.
Se sul piano della potenza militare il paragone fra la Germania di Hitler e il nascente Stato islamico non regge, il Califfato ha dalla sua una capacità di penetrazione inarrestabile di cellule terroristiche, più che fra le masse di disperati che sbarcano sulle nostre coste, fra gli immigrati di seconda e terza generazione, che consideriamo già integrati.
Per i seguaci del fondamentalismo islamico, la presenza concreta di uno Stato che pretende di instaurare la sharia in tutto il mondo occidentale è un incentivo formidabile a compiere azioni terroristiche dall’interno delle società “corrotte”, un tipo di terrorismo che non ha le motivazioni storiche legate, per esempio, alla causa palestinese, ma si alimenta del sogno della supremazia della civiltà islamica e della conversione o eliminazione degli infedeli.
Da questo punto di vista, nazismo e califfato hanno la stessa valenza e nessuna forma di diplomazia riuscirà a distogliere l’ISIS dal suo obiettivo.
L’Occidente, e l’Italia in particolare che si trova in prima linea a poche centinaia di chilometri dalle milizie nere dei tagliagole, non ha scelta: va programmata un’azione militare che veda in prima linea gli stati arabi sottoposti ad attacco, Egitto, Tunisia, Giordania, supportati dalla macchina militare della Nato e sotto l’egida dell’ONU, per eliminare alla radice l’ISIS come entità politica e militare.
Siamo consapevoli dell’immensa gravità di queste parole,ma è solo questione di tempo e questa decisione diventerà inevitabile: il governo italiano deve però evitare la trappola dell’Unione Europea che ha parlato di missione dell’ONU a guida italiana in Libia (primo passo dell’escalation contro l’ISIS). Accettare questa impostazione significherebbe far diventare il nostro Paese un obiettivo privilegiato del terrorismo islamico, anche al di là di quanto presumibilmente già programmato dagli uomini del Califfato.
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