Peppino Impastato, a 39 anni dalla morte il suo messaggio sopravvive

Sono trascorsi 39 anni dall’assassinio di Peppino Impastato, ma la sua memoria e il suo messaggio è ancora vivo. A testimonianza di ciò sono numerose le iniziative organizzate in questa giornata. L’assessore regionale dei Beni culturali Carlo Vermiglio, il sindaco del Comune di Cinisi, Giangiacomo Palazzolo e Luisa Venuti, proprietaria del casolare dove venne ucciso Peppino Impastato nella notte tra l’8 e il 9 maggio 1978, hanno firmato un accordo. Per aprire al pubblico, in occasione delle giornate commemorative dell’omicidio di Peppino Impastato, un luogo simbolo della lotta contro la mafia, già dichiarato di interesse culturale.

Le iniziative

Tra le iniziative, promosse in collaborazione con il Comune di Cinisi  garantiscono l’apertura del sito. Si terrà il presidio al casolare con Vermiglio e nel pomeriggio è prevista una marcia che partirà da Radio aut, l’emittente fondata dall’esponente di Lotta Continua, per arrivare alla Casa memoria Impastato.

In serata, dopo l’inaugurazione della biblioteca comunale, in quella che è stata la casa del boss Badalamenti, verrà proiettato un filmato di Salvo Cuccia, “La memoria privata”, realizzato dal Centro regionale per la catalogazione e la documentazione, che racconta la storia dell’attivista siciliano attraverso la testimonianza del fratello Giovanni.

E’ stato inoltre firmato dall’assessore Vermiglio il decreto che inserisce i luoghi di Peppino Impastato (la Casa-museo Felicia e Peppino Impastato e lo stesso casolare) nell’elenco dei luoghi dell’identità e della memoria.

Chi era Peppino Impastato

Il 9 maggio del 1978, mentre l’Italia è sotto choc per il ritrovamento del cadavere del presidente della Dc Aldo Moro in via Caetani, a Roma, dopo 55 giorni di prigionia, in un paesino della Sicilia che si affaccia sul mare, muore dilaniato da una violenta esplosione Giuseppe Impastato.

Siamo a Cinisi, trenta chilometri da Palermo, alle spalle dell’aeroporto di Punta Raisi, che oggi porta i nomi dei giudici antimafia Falcone e Borsellino. «Peppino» è un giovane di 30 anni che milita nella sinistra extraparlamentare. Come molti altri ragazzi si batte contro la mafia che uccide la sua terra. Lui e Moro sono simboli di due Italie che cercano di lottare, negli «Anni di Piombo», contro differenti mali: la mafia e il terrorismo.

A farlo uccidere negli anni Settanta è il capo di Cosa Nostra, Gaetano Badalamenti, bersaglio preferito delle trasmissioni di «Radio Aut», la radio di Peppino. Cento passi separano, a Cinisi, la casa degli Impastato da quella dell’assassino. Intorno regna solo un clima di omertà, che in molti sono costretti a respirare sin dalla nascita. Luigi Impastato, il papà di Peppino, è imparentato con la mafia: suo cognato, Cesare Manzella, è a capo della Cupola in quel periodo.

Dopo aver dato vita nel 1977 al circolo «Musica e cultura», con il boom delle radio libere, decide di fondarne una propria, a Cinisi: «Radio Aut». Nel programma «Onda Pazza» prende in giro i capimafia e i politici locali. Il suo bersaglio preferito è don Tano Badalamenti, l’erede di Cesare Manzella, amico di suo padre Luigi, soprannominato Tano Seduto.

L’agguato

Viene ucciso, dilaniato da una bomba posta sulla ferrovia Palermo-Trapani. Alcuni parlano di suicidio, altri dicono sia morto saltando per aria mentre stava preparando un attentato dinamitardo. Nessuna indagine viene, però, fatta sull’esplosivo. Al funerale si presenta spontaneamente una folla di giovani, da tutta la Sicilia. Nel gennaio del 1988 il Tribunale di Palermo invia una comunicazione giudiziaria a Badalamenti. Quattro anni dopo l’inchiesta viene archiviata. Ci vogliono altri 7 anni perché Badalamenti venga processato per l’omicidio di Peppino. A inchiodarlo la testimonianza di un pentito della mafia di Cinisi, Salvatore Palazzolo.