“Pensione” a 29 anni: l’ultima trovata del Governo è UFFICIALE | Fatte fuori le DONNE da ogni occupazione, come nel 1950

Donna dietro le sbarre – Depositphotos – Sicilianews24

Beffano le giovani lavoratrici con quattro spiccioli e poi non le assumono più: ormai alla soglia dei 30 sono considerate “finite”

Le donne in Italia sono quasi 31 milioni, con la percentuale delle anziane in costante aumento negli ultimi anni, indicando una tendenza verso l’invecchiamento della popolazione femminile.

Oggi, il 57,1% dei laureati e il 55,4% degli iscritti a corsi universitari sono donne. Le studentesse ottengono risultati migliori rispetto ai loro colleghi maschi, con il 53,1% che si laurea nei tempi previsti, contro il 48,2% degli uomini.

Nonostante questi risultati positivi nel campo dell’istruzione, le donne italiane continuano a incontrare difficoltà nel mercato del lavoro. Solo il 42,1% degli occupati in Italia sono donne, un dato inferiore rispetto agli altri paesi europei.

Il tasso di attività femminile in Italia è al 56,2%, il più basso tra i paesi dell’UE, con un forte divario rispetto agli uomini che hanno un tasso di partecipazione del 75,1%.

Più complicato fare carriera

Le donne italiane, inoltre, faticano a trovare e mantenere un’occupazione stabile e sono spesso relegate a lavori part-time. Circa il 32,4% delle donne lavora part-time, contro l’8,5% degli uomini. Anche quando il part-time è una scelta volontaria, quasi la metà delle donne opta per questa modalità per prendersi cura dei figli o degli anziani.

Solo il 27% dei dirigenti sono donne, una percentuale inferiore alla media europea. Anche se la presenza femminile è migliorata in ambito politico, con il 30,4% di donne tra ministri e sottosegretari e il 36,1% di deputate alla Camera. Inoltre, solo il 13,6% dei sindaci italiani sono donne, una percentuale che evidenzia una forte disparità di genere.

Donna incinta in ufficio – Depositphotos – Sicilianews24

Lo Stato paga, ma le madri non lavorano

Nonostante i progressi nella parità di genere, la maternità continua a influenzare le carriere. Dopo la nascita di un figlio, molte donne riducono le ore di lavoro o lo lasciano completamente, un fenomeno noto come “penalizzazione per la maternità”. Le imprese spesso limitano l’assunzione di donne in età fertile per evitare frequenti sostituzioni o offrono contratti meno vantaggiosi alle giovani.

In Italia, la normativa riconosce alle madri il diritto all’indennità di disoccupazione anche in caso di dimissioni volontarie entro il primo anno di vita del figlio, con un rafforzamento significativo con l’introduzione della NASpI nel 2015. Questo aumento della durata dell’indennità ha incentivato un maggior numero di madri a lasciare il lavoro, aumentando la loro sicurezza economica ma spingendo le imprese a rivedere le politiche di assunzione per le donne in età fertile.