Pedofilia,arriva la condanna della Chiesa per Don Carlo Chiarenza
Acireale – “Dovrà sottoporsi ad alcune restrizioni, in osservanza delle quali dovrà dimorare per alcuni anni fuori dalla Diocesi non assumendo incarichi ecclesiali e non svolgendo il ministero in pubblico,risarcimento a Teo Pulvirenti,”,questa la condanna per Don Carlo Chiarenza,il sacerdote accusato di pedofilia da Teo Pulvirenti,attraverso una conferenza stampa,più di un anno fa,dove aveva pubblicamente dichiarando di aver subito abusi,quando ancora minorenne,facendo ascoltare una registrazione audio fatta di nascosto tra lui e don Carlo.
”Mi sentivo sporco”, gli dice Pulvirenti parlando con lui del passato. ”Io – risponde il prete – inseguivo il tuo desiderio
di essere voluto bene. E lo facevo non ponendomi limiti. Mi sembrava addirittura di farti del bene, come se tu avessi
bisogno di liberarti. Un modo di dirti che ti volevo bene”.
Il primo abuso sarebbe avvenuto in parrocchia quando aveva 14 anni, con “baci e mani sotto la maglietta”. “Un giorno dopo un
litigio con mio fratello – aveva aggiunto Pulvirenti – andai da don Carlo e scoppiai a piangere. Lui mise la mia testa sulla sua
spalla, mise le mani sotto la maglietta e poi più in basso.
Sapevo che c’era qualcosa di sbagliato, ma non capivo cosa. Ancora oggi mi condanno per non aver reagito”.
Dopo la denuncia, Chiarenza, che si è sempre proclamato innocente, è stato allontanato dal vescovo di Acireale e trasferito in un centro di raccolta spirituale lontano dalla Sicilia. Il sacerdote ha sostenuto di “non comprender il motivo di tanto accanimento nei miei confronti, potendo solo immaginare che il Pulvirenti stia così manifestando le proiezioni di problematiche forse irrisolte”.
Puntuale anche la dichiarazione del Vescovo di Acireale Raspanti:
“La nostra Chiesa diocesana, nel rispetto delle persone e con la volontà di far luce su abusi denunciati lo scorso anno dal dott. Teodoro Pulvirenti nei confronti di don Carlo Chiarenza, ha iniziato l’iter giudiziario previsto dall’ordinamento canonico. Secondo le norme vigenti, l’iter è proseguito a un livello superiore, guidato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, pervenendo a un primo grado di giudizio. In questo grado, non definitivo, il sacerdote è stato ritenuto responsabile degli abusi denunciati. Egli dovrà sottoporsi ad alcune restrizioni, in osservanza delle quali dovrà dimorare per alcuni anni fuori dalla Diocesi non assumendo incarichi ecclesiali e non svolgendo il ministero in pubblico. A lui è data la possibilità di ricorrere entro sessanta giorni presso la suddetta Congregazione”.