Maxi sequestro da 10 milioni di euro a Paternò, nell’ambito dell’inchiesta in corso per combattere il fenomeno del caporalato, in Sicilia e non solo.
Il sequestro è a danno di un imprenditore agricolo di Paternò. L’imprenditore è stato arrestato il 31 marzo del 2015 in un’indagine sul caporalato, sfruttava braccianti ingaggiati in Romania.
La Dia di Catania ha eseguito un provvedimento di sequestro. Il patrimonio sequestrato comprende un’impresa individuale e una società che operano nel settore agricolo, rapporti bancari, numerosi immobili tra la provincia di Catania e Messina, e una decina di automezzi.
Arrestato l’imprenditore, il figlio e altri cinque romeni. L’associazione operava a Paternò e in Romania ed era dedita al reclutamento di manodopera rumena per l’impiego nelle campagne paternesi in assenza delle garanzie minime di tutela che spettano ai lavoratori.
I braccianti stagionali romeni, attratti dalla possibilità di ottenere un lavoro, venivano ingaggiati in Romania. Arrivati in Sicilia, a Paternò, il loro sogno diventava un incubo. Erano costretti a vivere in capannoni freddi senza acqua e energia elettrica, erano costretti a lavorare per dodici ore e per meno di 50 euro al giorno, ai quali venivano detratti dai 25 ai 30 euro per le spese di vitto e alloggio.
Nei giorni scorsi una serie di operazioni contro il caporalato hanno coinvolto alcune province del sud fra cui Ragusa. Tre gli arresti e 11 gli indagati. I lavoratori sfruttati nel ragusano provenivano dalla Nigeria e dalla Romania e hanno raccontato di aver raggiunto l’Italia alla ricerca di migliori condizioni di vita, trovandosi però a lavorare dalle 6 del mattino fino alle 19 di sera, percependo un compenso di 25 euro giornalieri, appena sufficienti per “comprare da mangiare e acquistare qualche vestito”.
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