Parto anonimo: a quali dati può accedere il figlio
Come stabilito dall’Ordinanza n. 22497 del 9.8.2021 della Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, “la domanda di accesso alle informazioni sanitarie sulla salute della madre, riguardanti le anamnesi familiari, fisiologiche e patologiche, con particolare riferimento all’eventuale presenza di malattie ereditarie trasmissibili, è ulteriore e distinta rispetto a quella di puro accesso alle origini, avendo come finalità la tutela della vita o della salute del figlio adottato o di un suo discendente.
Il diritto va garantito, con modalità tali, però, da tutelare l’anonimato della donna ERGA OMNES, ANCHE verso il figlio, che potranno essere desunte dall’art. 93, d.lgs. n. 196 del 2003, Codice in materia di protezione dei dati personali, secondo cui, ai sensi del comma 3, prima del decorso dei cento anni, la richiesta di accesso al certificato di assistenza al parto (ora «attestazione di avvenuta nascita») o alla cartella clinica della partoriente può essere accolta relativamente ai soli dati sanitari, non identificativi, relativi alla madre, che abbia dichiarato di non voler essere nominata, «osservando le opportune cautele per evitare che quest’ultima sia identificabile»”.
Pertanto, “la richiesta di consultazione, meramente cartolare, dei dati sanitari, quali ricavabili dal certificato di assistenza al parto o dalla cartella clinica della partoriente, potrà comportare, non potendosi consentire un accesso indiscriminato al documento sanitario in oggetto, un diritto di accesso sulla base di un quesito specifico, non esplorativo, relativo a specifici dati sanitari e con l’osservanza di TUTTE le cautele necessarie a garantire la massima riservatezza e quindi la NON identificabilità della madre biologica”.