di redazione
Paolo Borsellino, il “giudice eroe” che non voleva essere chiamato tale, negli ultimi giorni della sua vita cercò disperatamente di salvaguardare la sua famiglia, a scapito della sua stessa vita.
E’ quanto si è evinto dalle dichiarazioni del colonnello dei carabinieri Umberto Sinico, che ha deposto, come teste della difesa, al processo al generale dell’Arma Mario Mori, accusato di favoreggiamento alla mafia. “Nel giugno del 92 – ha dichiarato Sinicio – insieme al Maresciallo Antonio Lombardo incontrai il mafioso Girolamo D’Anna che ci confermò che ‘cosa nostra’ stava preparando un attentato contro il giudice Borsellino. Glielo riferimmo ma lui facendomi arrabbiare, ci rispose ‘Lo so, ma devo lasciare qualche spiraglio, altrimenti se la prendono con la mia famiglia’”.
Il resto è storia, pochi giorni dopo, esattamente il 19 luglio il “giudice eroe” perse la vita nella strage di via D’Amelio insieme agli uomini della sua scorta, ma la verità è ancora confusa e celata dal fuomo di una bomba il cui rumore echeggia ancora nel cuore dei giusti.
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